291 e sociale del ducato e il suo adattamento a un coerente ordine. I vecchi titoli altinate ed opitergino, superstiti solo di nome, erano trasformati in figura più appropriata alla sede, nella quale si erano ridotti, di Torcello e di Cittanova ; accanto a essi erano eretti i nuovi di Caorle, Equilo e Malamocco. La chiesa patriarcale indigena era dotata di un organismo assai più robusto, nell’ambito di un territorio omogeneo e protetto dall’autorità dello stato. Il beneficio di tale difesa,'nato da spontanea convergenza di interesse dello stato e della chiesa, imponeva a questa dei doveri. La chiesa metropohtana sotto questo aspetto diventava una funzione dello stato, duttile strumento di questo. Il riassetto episcopale nel suo primo esperimento aveva rivelato quanto profitto l’autorità politica potesse trarre da esso in caso di conflitto, anche contro il potere metropolitano, esercitando severo controllo. Nemmeno l’intervento papale era riuscito a infrangere la stretta collaborazione tra l’elemento ecclesiastico e quello civile e a suscitare propositi di ribellione alla volontà ducale. L’episcopato, o spontaneo o per coazione, fin dall’inizio della sua attività aveva fatto causa comune con il duca piuttosto che con il metropolita. In questa quasi unanimità di concordia si esprimevano il carattere e la funzione della chiesa veneziana, anche a prescindere dai rapporti tra stato e chiesa. 5. — L’ ambiente non era però sereno e riposato. Difficoltà interne ed esterne si intrecciavano a render aspro e lento il cammino dell’opera di riforma. Lo spirito pubblico era turbato da inconscio malessere, che neppur la repressione della congiura era riuscita a disperdere. Sotto l’apparenza di calma continuarono a fermentare germi di sopiti antagonismi. Il consenso generale, che aveva sostenuto il governo nella energica politica ecclesiastica degli anni 876 e 877, lasciava affiorare sintomi di occulto e mal dissimulato disaccordo. Non tutto il clero, anche se aveva subito la volontà ducale e a essa aveva piegato, era sincero e convinto fautore del suo operato. I vescovi di Olivolo e di Caorle, senza abbandonarsi ad atti di ribellione, non avevano na-