Pascal intorno alla morale dei gesuiti. 449 in sette tomi nella quale Bscobar trattava diffusamente le questioni teologico-morali egli non ha tenuto conto alcuno, benché ne fossero comparsi già due volumi.1 Così egli doveva fondarsi sul materiale che gli sottoponevano i suoi aiutanti e da questo scelse quello che faceva al caso, per rendere i gesuiti ridicoli e disprezzabili;2 ovvero, come uno studioso, che si occupò appunto diligentemente di Bscobar, si esprime: « si frugò nelle loro (dei gesuiti) opere e dove ci si imbattè in un’opinione che pareva piccante e paradossale e appunto per questo adatta ad eccitare, fosse essa vera o falsa, venne portata innanzi al grande pubblico e, ciò che è ancora peggio, non come opinione di questo o quel gesuita, ma come dottrina dei « Gesuiti », dunque come dottrina di tutto l’ordine. E siccome si fece seguire opinione ad opinione, estendendosi a tutto il campo della morale, così nella folla ignorante e credula venne creata l’impressione che esistesse veramente una propria morale dei gesuiti e che essa fosse il colmo della leggerezza e della iniquità.3 « Era facile arrivare alla conclusione che i gesuiti in genere fossero soltanto degli ipocriti. Pascal sorregge l’scobar come persona in Reichmann, Stimmen aus Maria-Laach LXXVI (1909), 527 ss. 1 Egli ne cita solo una volta (Lettre 13, p. 206) un passo (Weiss 54, 107). Alla fine di maggio 1656 egli aveva sentito parlare del libro (Lettre 8, p. 121). 2 Come mostra G. Lanson (Rcv. d'hist. littér, eie la Franee VII [1900] 168-195) il nucleo fondamentale delle lettere provinciali è preso dalla Theologie morale des Jésuites2 (1664); cfr. specialmente la tabella a p. 190. Questo materiale venne completato attingendo dalle opere morali, comparse più tardi, di Diana (Lione 1646), Caramuel (Lovanio 1643, Erancoforte 1652), Lessius (Lione 1653) Lanson 191. 3 Weiss, loc. cit. 46. Similmente giudica il noto giurista Giuseppe Kohler (t 1919), professore alTUniversità di Berlino. Le Lettres à un prooincial di Pascal sono un condensamento dei rimproveri che si muovevano ai grandi moralisti e maestri del giure naturale di quell’epoca. Chi se ne intende comprende subito quanto piccini e miserabili furono tali attacchi. È spiegabile che in una casistica così elaborata di migliaia e migliaia di decisioni avvengano anche degli errori e delle deviazioni e che nella grande copia dei casus conseientiae talora si incontri qualche aberrazione scolastica. Ma ciò è una bagattella in confronto dell’immensa copia di considerazioni morali e giuridiche che qui sono accumulate e che figurano così vantaggiosamente in confronto del misero catechismo morale di un Kant o dell’edonismo di bassa lega dei moderni. Se si fa un confronto, si ha l’impressione come se ci si trovasse innanzi all’imponente magazzino di un mercante all’ingrosso paragonato alla bottega di un buon negoziante di provincia (Archiv ftir Rechts- und ÌVirUchaftsphilo-sophie X [1916] 238). Dopo aver citati alcuni particolari (sulla riserva mentale, ecc.) Kohler conclude: « Ma di ciò basta. Quei moralisti sono superiori all incomprensione di tali oppositori ». Linsenmann, poi vescovo di Rottenburg, opina: « Di fronte alla sua (di Pascal) morale morbosamente ascetica che fuggiva il mondo, la dottrina dei gesuiti era la morale attiva, corrente, intelligente, la concezione liberale e progressista del mondo » ( Tiib. Theol. Quartalsehr. LIV [1872] 535). Pastor, Storia dei papi. XIV. 29