Attacco alla dottrina morale dei gesuiti. 495 Cosi stavano l’una contro l’altra due concezioni della morale, fra le quali il compromesso era impossibile e l’urto inevitabile. Il primo attacco tuttavia non parti dai giansenisti, ma dai cabinisti i quali si rivolsero dapprima non contro i gesuiti, ma contro ' la chiesa cattolica. Nel 1631 il loro campione Dumoulin pubblicò un elenco di proposizioni scabrose che egli aveva cavato da teologi cattolici.1 Dieci anni più tardi in un conflitto dell’università di l’arigi con quei gesuiti venne ripreso lo stesso pensiero.2 Con grande dispiacere dell’università nell’anno 1618 era stato restituito ai -•■suiti il loro collegio di Parigi. I professori cercarono ora di rendere innocui i molesti concorrenti sul terreno dell’istruzione con un’ordinanza che di fatto escludeva tutti gli scolari dei gesuiti • lai gradi accademici. Il conflitto su ciò tornò a scoppiare nel 1642 'piando i gesuiti esigettero per i loro protettori e scolari l’equiparazione con tutti gli altri collegi. Per menare un colpo contro di loro, l’oratore dell’università, Goffredo Hermant, richiamò per primo l'attenzione dei più vasti circoli sulla dottrina morale dei gesuiti, i’ssa è, secondo lui,3 « la pietra principale di scandalo », il laccio per la credulità del popolo, il veleno inzuccherato che, adulando, rovina gli spiriti, l’ingannevole incanto che vela la severità della 'li viri a giustizia, in una parola una delle cause più certe della corruzione dell’ultimo secolo. Il rettore dell’università parigina, Saint—Amour diresse perfino un memoriale a papa Urbano Vili contro le « innovazioni » dei gesuiti nella dogmatica e nella morale.4 Nello stesso anno scese nell’arena anche Arnauld. Alla maniera 'li Dumoulin egli mette insieme delle proposizioni dei gesuiti, che, secondo lui, dovrebbero contravvenire alla morale cristiana in genere, ai comandamenti di Dio, al decalogo, alla dottrina dei sa- il n’y a rien de vertueux, s’il n’est pas héroïque, rien de chrétien, s’il n’est miraculeux, rien de tolérable, s’il n’est inimitable. Cela tient plus de la roideur du stoïque on du faste du phariséen que de la mansuétude du chrétien » I giansenisti, egli opina, « à force de hérisser le christianisme et d’en faire une religion épineuse, effroyable et inaccessible, feront, peut-être avec quelque petit nombre d’austères suffisants, beaucoup d’infirmes désespérés et plus encore de libertins impénitents ». Molto aspramente giudica anche Clemente XI sulla mentita rigidità di costume de’ giansenisti: « Caritatem nulli impensiu* landant, nudi impudentius violant; divinae gratiae veritatem praedicant. quam catholicus nullus negat, sed damnatis erroribus faventes spiritui gratiae contumeliam faciunt. Quod vero nos de pusillorum scandalo sollicitos pluri-tnum ex cruciai, illud est, quod, dum plerique eorum haec faciunt vel consen-tiunt facientibus, adhuc specioso quodam ementitae severitatis amictu se contegentes, rigidioris doctrinae gloriam captare non cessant ». Bolla, « Pasto-ralis» del 28 agosto 1718, Bull. XXI 811. 1 De Meter 514. a Ivi 374 ss. a Ivi 378. * Ivi 378 s.