610 Clemente IX (1667-1669). Capitolo II. Cadono ancora parimenti nel papato di Alessandro VII avvenimenti, a cui si ricollegarono lunghi dissidi protrattisi ben al di là della vita di Clemente IX e X. Durante la minore età dell’imperatore cinese Ranghi, la religione cristiana era stata condannata per parte della reggenza ed i missionari in massa erano stati banditi. Più di venti di loro giunsero a Canton il 25 marzo 1666, ove furono tenuti in arresto nella casa dei gesuiti. La maggioranza di questi prigionieri erano gesuiti, v’erano inoltre tre domenicani e il francescano Antonio di S. Maria. I gesuiti usufruirono dei loro ozi involontari per conferire insieme su cose importanti attinenti alle missioni ed invitarono a discutere gli altri missionari prigionieri. Da principio furono messi in campo soggetti meno difficili, se per esempio in Cina si potesse celebrare la messa con un copri capo, se Cinesi digiunanti per motivo superstizioso dovessero ces sare da questo digiuno prima del battesimo o se bastasse cangiarne il motivo, come dovesse esser concepita la formula di battesimo in lingua cinese, e simili. Già le discussioni, dopo quaranta giorni, erano al termine, allorché il domenicano Sarpetri mise il discorso anche sulla questione finora evitata del culto di Confucio e degli antenati. Non era naturalmente senza pericolo il tornar a toccare una tale questione e il pericolo riuscì più grande di quanto potevasi immaginare. La proposta del Sarpetri, dette occasione di entrare nel campo di battaglia all'avversario principale dei riti cinesi, il domenicano Domenigo Fernandez Navarrete, venuto nel 1641» alle Filippine con Morales, e a cui, quale nemico dei Riti, spetto un posto immediatamente accanto a Morales. Sarpetri, per suo conto, stava nella questione degli usi cinesi coi gesuiti, e la sua proposta sembrò da principio avere un effetto favorevole a questi. I due altri domenicani, bensì, e Antonio di S. Maria fecero opposizione, allorché l’assemblea prese una decisione sui Riti in senso gesuitico. Ma tanto il detto francescano (juanto il Navarrete in seguito convennero, che la questione venisse decisa a maggioranza di voti, e quindi naturalmente a favore dei gesuiti;1 il documento in cui furono raccolte questa e 41 altre decisioni, portò le firme di tutti i partecipanti all’assemblea. Con questo, però, l’affare non era ancora terminato. Antonio di S. Maria ritirò la sua firma, egli e il domenicano Filippo i/eo- 1 Si decise, riguardo al culto di Confucio e degli antenati, di attenersi alle decisioni di Alessandro VII, «quia fundantur in valde probabili opinione, cui nulla contraria evidentia opponi potest. Qua posita probabilitate non est occludenda ianua saluti» innumerabilibus Sinis, qui arcerentur a Christiana religioue, si prohiberentur ea facere. quae licite ac bona fide tacere possuut. et non sine gravissimi» incommodis praetermittere eogerentur ». ( Bikkmann 119, n. 23).