436 Alessandro VII (1655-1667). Capitolo V. Però negli sfoghi di Arnauld sono notevoli due proposizioni. L’una contiene l’assicurazione,1 illimitata, tutti essere d’accordo in ciò, che le cinque proposizioni erano eretiche, benché in Port-Royal si fosse su ciò tutt’altro che d’un solo pensiero.2 L’altra contiene l’affermazione che tutti i cattolici hanno diritto ai sacramenti della Chiesa e che, fino a tanto che rimangono figli di Dio, non si può rifiutar loro il pane dei figli.3 Questa afferma zione non avrebbe niente di strano, se non fosse stata scrit t ;, dalla stessa penna, dalla quale derivava il libro contro la comunione frequente. La pubblicazione di Arnauld porta la data 24 febbraio 1655. Ben presto seguii'ouo delle confutazioni,4 alle quali Arnauld il 10 luglio, replicò con un secondo scritto più voluminoso.5 Solo per condiscendenza verso un grande signore,0 dice da principio, egli ricorre di nuovo alla penna e lo fa solo con riluttanza. Poi parla dapprima, insieme a forti attacchi ed accuse, dell’affare del marchese di Liancourt, per poi in una seconda parte dimostrare la sincerità della sua propria sottomissione alla decisione papale. La sua prova si basa quindi principalmente sulla solita distinzione con la quale i giansenisti cercavano di togliere efficacia alla sentenza papale: respinge egli le cinque proposizioni, ma difende la dottrina di Agostino, poiché di Agostino si tratta, non di Giansenio.7 Nonostante questa precisa assicurazione. Arnauld non lascia cadere il vescovo d’Ypres, ma, con un abile distinzione si apre piuttosto una via per accettare in apparenza la decisione papale e tuttavia tener fermo a Giansenio. Se la Chiesa, così egli ragiona, prende una decisione in materia di fede, essa può certamente per questa esigere il consenso interno; ma ii fatto se Giansenio abbia insegnato questo o quello non appartiene alla dottrina di fede, la quale può contenere soltanto ciò che è insegnato nella Sacra Scrittura o nell’insegnamento della tradizione;8 di fronte dunque alle decisioni ecclesiastiche sui fatti. è sufficiente^che ci si mantenga in un rispettoso silenzio.9 TI magi- 1 Ivi 315. 2 Rapin II 248 s. 8 Œuvres XIX 312. 4 Titolo ivi 337; Rapin II 247. 5 Seconde lettre à un Duc et Pair de France (Œuvres XIX 338 s.); Rapin II 297-307. “ 11 duca di Luynes? 7 Œuvres XIX 443 ss. 8 Ivi 445 s. 9 Ivi 456. Bociænger (Le grand * itele, Parigi 1911, 285) giudica: doute ces subtilités auraient fort irrité l'auteur des Provinciales, si elles eusse111 été du fait des Jésuites: n’était-il pas absurde de reconnaître au pape la facidt< de déterminer une doctrine et de lui réfuser celle de décider si cette doctrm* était ou non d’accord avec celle d'un livre quelconque».’