Le prim« « lettere provinciali ». 447 ero, quando rinnegò Cristo, venne meno la grazia necessaria. Qui si tratta in fondo della questione del libero arbitrio dell’uomo, dunque di una questione fondamentale per ogni morale; il problema è quindi tutt’altro ebe ridicolo. Ma Pascal sa però tuttavia scovare un punto dal quale egli può gettare in ridicolo la Sorbona. Perchè la volontà possa compiere un’azione liberamente, fra la volontà e l’azione non ci dev’essere nulla che le possa impedire di agire; o, come si usava esprimersi, egli deve avere non una lontana, ma la « prossima » capacità o disposizione ad agire. In che cosa consistesse questa «prossima capacità b,1 su ciò le diverse scuole non andavano d’accordo. Ora Pascal finge di recarsi per avere informazioni in riguardo da un giansenista a un domenicano, da un domenicano a un gesuita e di farsi spiegare da loro la prossima possibilità; egli fa giocare poi le diverse risposte l’una ontro l’altra e fa nascere così alla fine l’impressione che i teologi stessi non sappiano quello che vogliono e condannino Arnauld per una parola senza significato. Si comprende da sè che Pascal inette in bocca ai suoi teologi delle risposte che un vero teologo non avrebbe mai dato. Ma l’inchiesta presso di loro è scritta così piacevolmente che la scena si legge come una commedia, e delle migliaia di lettori che si divertirono a ridere su i teologi e la loro «possibilità prossima», nessuno forse sa rendersi conto su che cosa veramente rida: sui tentativi cioè di spiegare uno dei problemi più profondi ed importanti della scienza e della vita umana come del cristianesimo, sulla questione della libertà della volontà umana e sui rapporti tra natura e soprannatura. Nella seconda lettera Pascal si occupa nello stesso tono di conversazione mondana della grazia sufficiente dei domenicani, ìa quale, secondo lui, è sì sufficiente, ma non è sufficiente in nulla;2 il suo scopo qui è d’insinuare ai domenicani parigini che, se volevano essere conseguenti, dovevano mettersi dalla parte dei giansenisti. Frattanto Arnauld era stato condannato alla Sorbona; la terza lettera dunque, sempre in tono assai abile, mette in ridicolo questa condanna. Quali gravi rimproveri non si sono elevati contro le dottrine dei giansenisti! Ed ora che ci si accinge a dimostrare queste accuse e si esamina uno degli scritti giansenisti, non si trova nè più nè meno che tre intiere linee da incriminare. E quello che sta in queste tre righe è preso letteramente e, a detta di Arnauld, naturalmente anche secondo il senso, da Criso- 1 «Pouvoir prochain». 2 H. Petitot, Pascal et la grâce suffisante nella líeme Thomiste XVIII •577-589.