Azione di Vincenzo presso l’episcopato. 193 Se però Vincenzo tratteneva i suoi da un metodo di lotta che avrebbe ancora più attirata l’attenzione sulle nuove dottrine, con ciò egli non intendeva però che si stesse con le mani in mano. Secondo il suo parere il rimedio poteva venire solo dalla S. Sede e a questa si doveva rendere possibile l’intervento, col far presentare una domanda ai vescovi francesi. Uon sembrò opportuno di sottoporre all’assemblea del clero convocata nel maggio 1650, il progetto di una domanda comune al papa, perchè ne sarebbero derivate presumibilmente inutili e interminabili discussioni e contese e forse un nuovo intervento del parlamento.1 Bisognava dunque cercare di guadagnare i vescovi ad uno ad uno con lungo e faticoso lavoro. Vincenzo, in unione col confessore regio, il gesuita Dinet, combinò con alcuni prelati giunti a Parigi già prima che incominciasse l’assemblea del clero uno scritto, il cui testo venne fissato da Uabert, vescovo di Vabres.2 Alcuni vescovi firmarono ancora durante l’assemblea del clero; e agli altri Vincenzo nel febbraio del 1651 diresse una circolare. Vi si diceva che le cattive idee del tempo avevano indotto buon numero di prelati ad inviare uno scritto a Roma, nel quale domandavano una sentenza papale intorno alla nuova dottrina. I loro motivi erano stati questi: in primo luogo essi speravano che con ciò molti verrebbero confermati nella dottiina tradizionale; l’effetto della decisione romana sopra i due capi •Iella Chiesa aveva ben dimostrata la potenza di una decisione papale. In secondo luogo, se il male veniva tollerato, si sarebbe diffuso ancora di più. In Roma si credeva che la maggioranza dei prelati francesi inclinasse per la nuova dottrina; bisognava invece dimostrare che ciò era vero solo di pochi. Infine anche il Concilio di Trento aveva stabilito che al sorgere di nuove dottrine era dovere rivolgersi a Roma.3 Per quali ragioni, nonostante il prestigio che godeva Vincenzo, sua iniziativa incontrasse grandi difficoltà, risulta da una lettera dell’arcivescovo di Tolosa, Montchal, a un suo collega vescovo, assieme al quale egli rifiuta la sua firma.4 Una lettera al papa, egli 'lice, deve venir decisa dall’assemblea del clero in nome di tutti i vescovi. Entrambi i partiti, data la loro ostinazione, saprebbero ■sottrarsi alla decisione papale con ogni specie di scappatoie. Con quanta cura, per esempio, concili e papi avevano evitato di prender di fronte gli uni o gli altri nella questione della grazia, fra Domenicani e Gesuiti, e nella questione dell’immacolata Concezione di Maria! Si voleva ora trascinare la S. Sede fuori da questa saggia 1 Rapin I 335. 8 Ivi 329, 336 [Dumas] I 12. Sui passi fatti da Vincenzo in tale questione, vedine il riassunto in Coste XIV 279 s. s Coste IV 148 s.; Maynard II 326; Rapin I 318. * Stampato in A. Auguste nel BulUt. de liti, ecclés. 1916, 272. Pasto r, Storia dei papi. XIV. 13