Il viaggio di Cristina in Svezia. 35» la corte della regina venne radicalmente spazzata da personaggi equivoci e fu egli che mise in regola le sue finanze e moderò il suo naturale eccentrico. Certo nemmeno egli potè cambiare del tutto il suo temperamento nervoso, ma seppe tuttavia limitare i suoi errori e le sue stravaganze: poiché egli era l’unico dal quale ella accettasse consiglio e ammonimento.1 La questione se l’amicizia fra la regina e Azzolini avesse un carattere illecito deve venir negata. Dalle numerose lettere di Cristina ad Azzolini, divenute note negli ultimi tempi traspaiono soltanto la gratitudine, la fedeltà e l’affetto di una donna molto provata per colui che era diventato il suo disinteressato consigliere e fedele amico. Per altra cosa manca qualsiasi ombra di prova.2 La inattesa morte di Carlo Gustavo costrinse Cristina nel luglio 1660* a partire per la Svezia, ove essa pretese dalla reggenza e dal parlamento non solo la rinnovazione del suo recesso di abdicazione, ma anche il riconoscimento del suo diritto al trono per il caso che il minorenne tiglio di Carlo Gustavo morisse senza ligli. Però il ritorno sul trono svedese era per lei ormai, divenuta cattolica, escluso. Essa dovette ben presto esperimentare a (piai punto in Svezia giungesse l’avversione contro la religione cattolica. La reggenza le negò, nonostante la sua indipendenza e dignità regia, ogni libertà di culto che pur si concedeva a principi stranieri ad ambasciatori in Svezia. Anzitutto le venne negato di far celebrare la Messa a porte aperte nel castello reale e il suo cappellano fu bandito, cosicché di qui innanzi ella dovette frequentare le sacre funzioni presso l’ambasciatore francese. Quando essa si ritirò più tardi a Norkòping che era sua proprietà privata, l’ambasciatore pose a sua disposizione il suo cappellano: ma la reggenza fece bandire anche questo, benché dicesse Messa a porte chiuse. Cristina che si vide ora spogliata d'ogniassistenza ecclesiastica ebbe paura di morire improvvisamente, senza i conforti della Chiesa. Siccome questo pensiero le era insopportabile, essa abbandonò la Svezia e si recò nel maggio 1661 ad Amburgo. Colà il suo banchiere di corte Isacco Texeira, un ricco ebreo portoghese, regolò 1 Vedi Bildt, Christine 94, 96. * Vedi Buschiseli. nella Róm. QuartaUchr. XIV (1900) 151, il quale <'ome Dahikls nei Preussisehen Jahrb. XCVII (1899) 64 noti approva la riservatezza che Bildt, come »scettico uomo di mondo, mantiene in tale questione e rieoraa che anche un cosi profondo conoscitore di uomini come Kankk assolve Cristina. Del resto lo stesso libello intitolato IIMoire de» intrigues galante» de la Reine Christine ecc. (Amsterdam 1697) pur cosi ostile a Cristina e ad Azzo-lini, qualifica come non sicura la diceria di una relazione amorosa. Su quella nistoire Cfr. Grauert II, vm e 366 s„ Sull'origine italiana del libello vedi Bildt nella Riv. delle Bibliot. e degli Archivi 1895, E. Damei.» loc.. cit. 60 ». * Vedi •Avviso del 24 luglio 1660 (Archivio segreto pontificio) che serve a rettificare i dati inesatti di Gracert II 156 e Bildt 100.