La teologia morale e i gesuiti. 491 fissero per la condotta di una vita veramente cristiana si può apprendere in prima linea da questi libri. Dall’ascetica alla scienza morale teologica c’era solo un piccolo passo. Anche l’elaborazione scientifica di questo campo s’imponeva in modo particolare ai gesuiti, poiché essi ponevano in rdievo la Comunione frequente e in nesso con essa, la frequenza della confessione; inoltre i manuali medioevali non bastavano più alla progredita situazione del secolo xvi e anche d’altronde non mancavano di difetti. Le somme medioevali di Silvestro Prieria, Angelo de Chiavasio ed altri, mettevano assieme i casi di coscienza in ordine lessicale, ma per la soluzione essi si richiamavano per 10 più soltanto a singole decisioni del diritto canonico che non si potevano senz’altro generalizzare; mancavano i chiari principi secondo i quali si dovevano trattare omogeneamente i singoli casi.1 Già prima dei gesuiti i teologi del secolo xvi avevano qui aperta una via e il nuovo ordine assunse con grande zelo la loro eredità. I principi secondo i quali devono decidersi i singoli casi di coscienza vennero dai teologi gesuiti ulteriormente chiariti e in dettagliata casistica applicati alla situazione, allo stato della vita sociale ed economica d’allora. Perciò l’elaborazione della teologia morale è in gran parte opera loro ; questo fatto ha dinanzi agU occhi più tardi Alfonso di Liguori quando qualifica 2 i gesuiti come « maestri della morale ». Ma come in tutte le altre scienze anche nella teologia morale 11 progresso non si compì senza esagerazioni nella critica del vecchio e senza singoli errori e aberrazioni;3 e come ogni altra cosa, anche solo relativamente nuova, nemmeno questo nuovo indirizzo nella morale sfuggì alla opposizione, che da singoli errori si foggiò una comoda arma. S’aggiunga che per i profani i malintesi erano facili. Nelle singole decisioni si trattava di stabilire il confine tra il lecito e l’illecito. Con ciò non si voleva dare il consiglio di andare in tutti i casi fino ai confini del lecito e nel morale di accontentarsi di quello che è assolutamente necessario; per i gesuiti le loro pratiche e le loro opere ascetiche dimostrano il contrario. Le discussioni teologico-morali sono destinate a recar consiglio al confessore nelle sue difficoltà; poiché quando d fedele non vuole fare nient’altro che quello che è incondizionatamente doveroso, il confessore deve sapere ove giaccia il confine del doveroso, affinchè non imponga 1 Albert Schmitt, Zur Qesch. des Probabilismus (1904) 7 ss. * Janses-Hexze, Der hl. Alfons von Liguors und die Gesellschaft Jesu Friburgo 1920, 11 ss. 3 Cfr. piii sotto intorno alle proposizioni di morale condannate da Alessandro VII. Su ciò, Dom. Viva, Damnatae theses ab Alexandro VII, Inno-centio XI et Alexandro Vili ad theologicam trutinam revocatae, Padova 1708.