236 Sisto V. 1585-1590 — Libro 1 - Capitolo IV. cardinale Bourbon e l’arcivescovo di Lione, e dentro sessanta giorni, o personalmente, o per procura, comparire in Eoma.1 Il documento, con grande meraviglia degli spagnuob, non menzionava l’alleanza di Enrico con Navarra, sebbene fosse questa la vera ragione di questa ultima ammonizione.2 II papa assai prudentemente si limitò, a quello che in modo assolutamente indiscutibile entrava nella sua sfera, l’uccisione e la cattività dei principi della Chiesa. All’ambasciatore Veneziano egli disse, che tuttora teneva aperte le braccia al re.3 Se Sisto V sperava come sacerdote e capo supremo della Chiesa che il re seguisse il suo ammonimento, come uomo di stato desiderava il pentimento di questo infelice monarca più ancora di quello che egli si attendesse. Se Enrico non torna in sè, facendo penitenza, disse il papa il 29 luglio all’ambasciatore di Venezia, farà una fine sciagurata come Saul. 4 Tre giorni dopo, il disgraziato monarca, proprio quando aveva in animo di attaccare la lega nel suo punto centrale, Parigi, cadde per le mani di un assassino. 5 1 II testo del * Monitorio, che comincia colle parole Inscrutabilis Divinar providentiae altitudo e colla data Romae apud s. Petrum 1589 tertio Nonas Maii, nei Brevia Sixti V, Arm. 44, t. 29 e 32, Archiviò segreto pontificio; v. Ehses, Nuntiaturberichte II, 288 n. 2. Cfr. Eyzinger, Bel. hist. coni., Coloniae 1589, 67 s. 2 Vedi la lettera di Montalto a Frangipani del 27 maggio 1589 presso Ehses, Nuntiaturberichte II, 288. Cfr. Santori, Autobiografia XIII, 187. 3 Nella lettera di Montalto a Visconti è detto del monitorio : » è medicinale, et non mortale «. Schweizer III, 30. 4 Vedi Hübner II, 242 s. 5 L’assassino, un giovane domenicano, di nome Jacques Clément, defi-cente, che serviva di bersaglio alle burle dei suoi, come dice Polenz (IV, 618) fu subito linciato dal popolo. Egli agì per spirito di partito leghista, e fu incoraggiato nel suo proposito dagli aderenti della lega, specialmente dai predicatori parigini e dichiarato da loro più tardi per martire, « quae tamen sanctio, dice Maffei nella sua Tlist. 47, utpote nulla Pontiflcum auctoritate faeta, postmodum evanuit ». Che Clément non avesse nulla da fare coi Gesuiti, come sostiene ancora Droysen (Gegenreformation 190), è dimostrato da Dui»:, Jesuitenfabeln 402 s. ; ove viene anche confutata la favola, che Clément si sia prima confessato dai gesuiti. Ranke scrive [Franz. Gesch. I2, 469) : » Clement era vivamente preso della dottrina, che allora era proclamata specialmente da Boucher, che un tiranno il quale offendeva la vita comune e la religione, poteva essere ucciso da mani private, ed aveva degli scrupoli, solo nel punto, se anche un sacerdote poteva eseguire una simile azione. Egli espose al suo superiore la questione se era un peccato mortale che un sacerdote uccida il tiranno. Gli fu risposto che era un’irregolarità, ma non un peccato mortale. « Quale conferma di questo Ranke nella sua annotazione, evidentemente presa dalla « Relacion del successo de la muerte del rey christ. », mandata da Mendoza in Spagna (I nc ar tam ent o di Simanca in Parigi ) cita quanto segue: «Domanda: si peccava mortalmente un sacerdote que matasse a un tiranno. Risposta: que quedeva el tal sacerdote irregulär ». Chi anche non conosce che i primi elementi del diritto canonico, vede subito, che qui si tratta delle irregularitas ex delieto, che avviene in tutti i delitti pubblicamente noti come infamanti,