432 Sisto V. 1585-1590 — Libro I - Capitolo Vili. Nel breve spazio di tre anni Sisto Y aveva compiuto un’opera, che rivaleggiava con quella dei Cesari, e che gli assicurava per tutti i tempi nell’Eterna Città un ricordo imperituro.1 Ancor oggi Eoma gode del beneficio del grande papa. L’Acqua Felice versa giornalmente 21.000 metri cubi di acqua ed alimenta 27 fontane.2 Discendendo dalle alture di Palestrina, essa traversa, in gran parte sotterra, la campagna, per poi tagliare la strada che conduce a Frascati presso la cosidetta porta Furba, su di una costruzione del tutto caratteristica, che in realtà non è, nè un arco, nè una torre.3 Presso S. Croce sbocca nelle Mura aureliane, che proseguono il suo canale sopra porta S. Lorenzo. Qui passa sopra alla via con archi poderosi, e segue il corso dell’antica acqua Marcia, Tepula e Giulia. A tale scopo vennero utilizzati gli avanzi di questi tre acquedotti. Dopoché l’Acqua Felice nella villa Mon-talto è passata di nuovo sotterra, nutre le fontane presso S. Susanna, e provvede di acqua non solo le alture dal Laterano al Pincio, ma anche le altre parti della città sino al Campidoglio.4 Ciò che significasse l’Acqua Felice, fu riassunto dal Fontana in queste parole entusiastiche. Le parti elevate di Roma, così egli si esprime, per riguardo all’acqua sono ora messe alla pari eon quelle basse. Con la più grande generosità il papa ha messo a disposizione dei conventi, dei cardinali, della nobiltà, per le loro vigne e giardini ivi poste, l’acqua necessaria. Nei punti fin’ora abbandonati si incomincia a costruire, cosicché ivi sorge una novella Roma, nei cui giardini la corte, i cardinali, la nobiltà e il popolo potrebbero recarsi a villeggiare.5 Se Sisto V si sentì animato da un alto sentimento di sé, al veder riuscita un’opera così difficile e così utile, ciò è ben facile a comprendere, poiché la riconquista delle colline era per Roma una delle più grandi conquiste dopo il tempo antico, ed un trionfo del Papato. 6 Da secoli l’attività edilizia si era limitata alle rive del Tevere, poiché alla porzione di Roma situata nelle alture, mancava il più importante: l’acqua. Solo ora i romani poterono usufruire dei vantaggi di queste colline, aria pura e fresca e panorami sontuosi. Mentre alla città veniva data possibilità di ulteriormente estendersi, essa si formava quella grandiosa zona di giardini che dettero a lei sino alla distruzione del secolo xix una bellezza tutta 1 Giudizio di Ranku (I8 310). Cfr. Gothein I, 312. Gualterius (* Ephe-merides, Bibl. Vittorio Emanuele in Roma) chiama l’acque- dotto opus paene immensum. 3 Vedi Ranke loc. cit. 3 Vedi Orbaan, Sixtine Home 15 Cfr. Tomassetti I, 85 s, e Pastor, Sisto V tav. 3. 4 Cfr. Fulvio-Ferrucci, 86. 5 Fontana I, 436. 6 Vedi Orbaan loc. cit. 15, 19.