466 Sisto V. 1585-1590 — Libro I - Capitolo VIII. Lo stesso pensiero della vittoria del cristianesimo sul paganesimo è espresso un’altra volta dalle iscrizioni nel dado inferiore del basamento. Nel lato nord e sud è notificata con brevi parole la traslazione compiuta da Sisto V, e la destinazione più giusta e più felice del monumento, un tempo sacro al culto pagano ed ora purgato da tutte le impure superstizioni, fatta nel secondo anno del suo pontificato. Al Iato est leggonsi le belle parole: ECCE CRVX DOMINI. FVGITE PARTES ADVERSAE. VINCIT LEO DE TRIBV IVDA Con ancor più efficaci parole esprime il trionfo del cristianesimo sul paganesimo l’iscrizione, diventata famosa, del lato ovest. Essa suona: CHRISTVS VINCIT. CHRISTVS REGNAI. CHRISTVS IMPERAT. CHRISTVS AB OMNI MALO PLEBEM SVAM DEFENDAT 1 Pochi luoghi vi sono nell’eterna città, nei quali lo storico sia preso da così potenti impressioni, come dinanzi all’obelisco di piazza S. Pietro. Se mai le pietre parlano, qui è il caso. Trasportato da Caligola a Roma, capitale del mondo, dalla terra incantata dell’Egitto, come segno di trionfo di vittoriosa podestà terrena, l’obelisco aveva visto dalla sua altezza i primi martiri romani allorché Nerone aveva guidata la sua quadriga fra le fila delle vive fiaccole fiammanti e fumanti. Non lungi da esso aveva subito il martirio il principe degli Apostoli, Pietro. Non tocco dal tempo e dalle lotte degli uomini, questo colosso di pietra era un muto testimone dei più importanti avvenimenti della storia mondiale. Esso vide il declinare della Eoma imperiale con i suoi magnifici palazzi e tempii degl’idoli, sfolgoranti d’oro, la lenta trasformazione di Eoma in città cristiana, la dedicazione della Chiesa sepolcrale del principe degli Apostoli per parte di Costantino, il salire 1 L’iscrizione « Christus vincit, Christus regnat, Christus imperai » è tolta come osserva Wymann nell’Hist. Jahrb. XXVII, 79, dalle laudi, in forma di litanie, in uso in Koma nelle incoronazioni imperiali. Nell’imponente e maestatico triplice Asyndeton, reso più solenne ancora dall’anafora del soggetto Wymann scorge un’indizio, che il testo sia stato composto su la base di un modello più antico. Egli crede di trovarlo in un passo di Quintiliano. Inoltre respinge Wymann con ragione la strana opinione di Hauck (Kirchengesch. Deutschlands II 3-4, 798) che nella formulazione delle parole si manifesti il concetto specifico germanico di Gesù. Cfr. pure HÖfler, Deutsche Päpste I, 285.