Sisto V cede. 249 disse egli. Ciò non è necessario, dato il caso, noi vogliamo difenderla con tutte le nostre forze. A noi non mancano nè denari, nè soldati. Noi vi possiamo giovare più che non vi possa nuocere egli. Quante cose non ha revocate anche lo stesso re cattolico, non per timore di noi, poiché la nostra potenza materiale di fronte alla sua è come una mosca di fronte ad un elefante. Egli lo ha fatto per rispetto verso il Vicario di Cristo in terra. Così dovrebbero fare anche i vostri buoni e vecchi senatori, dei quali ciascuno sarebbe capace di governare un mondo. Noi non domandiamo che Maisse venga espulso o non venga accolto nel collegio: ma noi non vogliamo che a lui siano tributati tutti quegli onori, che spettano agli ambasciatori di Francia. Se ci si farà una concessione in questo senso, tutto si appianerà, altrimenti invece noi dovremo prodecedere secondo le disposizioni dei canoni. 1 Il papa aveva parlato molto concitato. Per non irritarlo ancor più, gli ambasciatori si limitarono alla dichiarazione, che essi chiederebbero nuove istruzioni dal loro governo. È caratteristico per il modo di sentire della signoria, che essa abbia risposto, che ulteriori concessioni nè poteva, nè voleva farle. 2 Così parve distrutta ogni speranza per un’intesa. Gh spagnuoli erano giubilanti, mentre Donato si disperava. Egh chiese una udienza di commiato, che gh fu accordata il 15 dicembre. In questo incontro divenuto celebre, Donato espresse dapprima con parole commoventi il suo dolore che il papa prestasse maggior fede alle parole dei nemici di Venezia, che alle azioni della repubblica, che eran dirette solo alla pace ed al bene dell’Italia. Con < nfasi egh rilevò che Venezia non intendeva favorire gh eretici, nè con il denaro nè con le truppe, nè con il consiglio. Ricordò quale riserbo avesse dimostrato Venezia nel ricevere Francesco di Lussemburgo, che nel suo viaggio a Roma intrapreso nell’interesse di Navarra, visitò la città della laguna. Ma il suo governo non era in grado di far più. Il papa comprese assai bene, che la ragione principale, per cui Venezia mantenevasi in un’unione diplomatica con Enrico IV, era il timore della preponderanza spagnuola. Donato sapeva, che anche Sisto V, guardava con ansia alle ambiziose mire di Filippo II, la cui preponderanza in Itaha doveva crescere in maniera intollerabile, qualora gh riuscisse di diventare pure padrone delle sorti di Francia. In questo caso come l’indipendenza di Venezia, così era minacciata pure quella della Santa Sede. Basandosi sta questa comunanza di interessi, Donato chiese, allorché il papa si fu più calmato, che Sua Santità volesse accomiatarlo con una dichiarazione che componesse felicemente 1 in- 1 Vedi Raulich 296 s. 2 Hùbner II, 277.