Temperamento ed esteriore del papa. 37 giacché il Granduca di Toscana compensò l’ammanco.1 Poiché il cardinale per sé abbisognava di ben poco, e sapeva economizzare molto bene, sebbene le sue rendite annuali non superassero gli 8000 ducati,2 potè pure abbellire la diletta, vigna, accrescere la sua biblioteca, costruire in S. Maria Maggiore a Nicolò IV, che pure aveva appartenuta all’ ordine francescano e traeva origine da una famiglia del tutto povera, un bel monumento, e far cominciare la costruzione di una cappella bellissima ideata per sua tomba, e nella quale dovessero venir trasferite le sante reliquie della culla del Salvatore.3 Negli ultimi anni di Gregorio XIII si parlò ben poco alla curia, del cardinale Montalto, che se ne viveva del tutto appartato. Solo in occasione dell’uccisione del suo diletto nepote Francesco, nella notte fra il 16 e il 17 aprile 1581,4 il suo nome fu ripetuto ancora una volta in tutta la città. La rassegnazione con cui egli sopportò la grande debolezza del vecchio Gregorio XIII, di fronte al potente autore dell’assassinio, il duca di Bracciano, meravigliò tutti. Con dignità e generosità cristiana, ma non senza una lieve speranza in un avvenire migliore, sopportò egli il nuovo colpo doloroso.5 La padronanza di se stesso in Montalto deve tanto maggiormente essere apprezzata, in quanto il cardinale aveva un temperamento molto violento ed irruente. Con l’impetuosità di una corrente lungamente arrestata, dopo la forzata inattività nel tempo di Gregorio, essa proruppe di nuovo allorché l’elezione a papa aprì per l’energico uomo il più ampio e vasto campo d’azione alle forze gigantesche, che in lui giacevano assopite. Quelli fra i cardinali, che, come Bonelli, credevano di aver nominato un povero vecchio, ed ora speravano di diventare essi i padroni6 dovettero provare una completa disillusione. La leggenda più tardi ha colorito ciò con il noto racconto, che il Cardinal Montalto, non appena la sua elezione fu decisa, abbia gettato lungi da sé il bastone, a cui durante il conclave si appoggiava, erigendosi in aspetto maestoso. Nulla è più contrario alla storia che questo racconto. Cardinal Montalto non era un impostore o un commediante, che ingannava i suoi elettori con insipide astuzie. Egli si rassomigliava piuttosto all’aquila, come osserva ottimamente il suo ultimo biografo, la quale appena é liberata dalla sua prigionia, spiega tosto le sue ali, e sale verso la luce del sole.’ 1 HCbner 1, 234, n. 1, II, 453 s. 2 Vedi L. Priuli 306. 3 In maniera più particolare più avanti Gap. 8. 1 Cfr. la presente opera, voi. IX, p. 780. 5 Vedi HCbner I, 243. 6 Vedi Santori, Autobiografia XIII, 164. ’ HCbner I, 250.