L’« Oblòmov» e l’oblomovismo 89 ceva morire a Parigi sulle barricate, per una rivoluzione estranea al suo sangue, ma che gli dava tuttavia la possibilità, infine, di agire. Ed anche Gonciarov doveva averlo veduto, perchè altrimenti tutti i suoi frequenti richiami alle capacità di Oblòmov e alle possibilità che erano in lui, sarebbero stati inutili, superflui. Oblòmov condivide gli scopi più aiti e più ideali dei suoi contemporanei. Come molti, egli si vergogna di essere proprietario di servi della gleba, ed ha in testa un certo piano che vorrebbe scrivere— un piano che, quando fosse applicato, migliorerebbe sicuramente l’esistenza dei suoi contadini, e alla fine li libererebbe. Ripetiamo: « Egli era accessibile alla gioia delle alte aspirazioni, e non rimaneva estraneo alle miserie generali dell’umanità. Piangeva talvolta amaramente nel profondo dell’anima sulle miserie dell’umanità, sentiva oscuri, indicibili tormenti e malinconia, e il desiderio di andare dove che sia... » Era stato sufficiente l’atto dello zar «liberatore», che aveva messo in moto le riforme della Russia, perchè tutte .queste aspirazioni, questi sogni, questi desideri trovassero nella generazione seguente a quella d’Oblòmov la via della loro realizzazione. Da allora sono passati molti decenni. Non sono mancati in questi decenni i nuovi Oblòmov; la vita russa ha prodotto, anzi dal suo grembo, nel faticoso e insieme violento processo di purificazione e liberazione, ben altri fenomeni che non l’oblomovismo; qualcuno certamente assai peggiore, perchè non accompagnato da quel delizioso sfondo di interiore speranza che formava il nucleo della vita degli Oniéghin, dei Rudin, degli Oblòmov, qualunque dovessero essere i risultati momentanei del loro urto con la vita reale. Ma nella letteratura l’opera di scandaglio si era fatta sempre più precisa e profonda. Non bisogna dimenticare che « Pa-