Sul teatro di Cèchov 29 sieme enfasi, incuria e scoraggiamento che trova conforto solo nel ricordo del passato, dipinto in colori piacevoli. Ma ciò non significa che non potrebbero essere altri. E le considerazioni fatte per questi si potrebbero ripetere, nel loro yalore generale, anche per gli altri. Da questi stati d’animo particolari si produce l’atmosfera in cui i personaggi dei drammi di Cèchov vivono ed agiscono. Ma mentre presi separatamente nei singoli drammi sembrano elementi di un pessimismo senza scampo, nella loro totalità si nota il passaggio dal pessimismo acuto, che non può non essere prodotto di quelle date condizioni, ad un vago ottimismo che rompe, come una striscia rosea crepuscolare, le tenebre della notte. E si ha quindi uno stato d’animo che gradualmente si muta tenendo legati tra loro i vari drammi, che sono così i vari gradi di tutto un processo spirituale. Questo spiega abbastanza chiaramente perchè l’importante non siano nelle varie azioni, nè Ivànov, nè lo Zio Vania, nè Trepljòv, nè tutti gli altri personaggi che vengono più o meno in evidenza sulla scena. Il soggetto, o diciamo meglio, l’azione, non conta in questo moda nulla, o quasi nulla. Prendiamo, per esempio, il primo dei drammi di Cèchov: 1’ « Ivànov», il dramma del pessimismo senza scampo. È quello che più direttamente si riattacca ai racconti cui ho accennato prima, ed è anche il primo in ordine cronologico. Ivànov è un intellettuale russo, nevrastenico, squilibrato, ma non pazzo: la sua forma di squilibrio è analoga a quella del dottor Andrea Efimic Ra-ghin nel « La camera N. 6 », ma con questa differenza, che in Andrea Efimic ogni manifestazione di volontà è venuta meno, ed in Ivànov resta almeno la volontà di farla finita per sempre; ed insieme analoga a quella di Andrea Vas-silevic Kovrin nel «Monaco nero», dove c’è ancora da parte dell’autore il tentativo di spiegare lo stato spirituale