La servitù della gleba nella lett. russa 51 posta ufficiale di abolizione, fatta dal conte Rumianzov e che trovò l’approvazione dello zar Alessandro 1. Ma tutto ciò divenne presto un ricordo, e se può ritenersi che il libro di Radiscev, ad onta delle persecuzioni a cui fu soggetto per opera di Caterina II, ebbe il merito, insieme a ciò che nella stessa epoca scrissero Polienov e Novikov, di conquistare propugnatori alla causa della liberazione, l’opera della censura nel secondo periodo dello stesso regno di Alessandro fu cosi severa, che ogni voce della stampa in favore d’una qualsiasi riforma relativa ai contadini fu spietatamente soffocata. Non deve meravigliare questo mutamento, se si pensa che la stessa Caterina II, che più tardi fece distruggere il libro di Radiscev, l’aveva in un certo qual modo incoraggiato quando aveva detto che era meglio dare la libertà ai servi anziché lasciare che se la pigliassero da sè. La stessa cosa che più tardi, ma con altro animo, ripetè Alessandro II, lo zar liberatore, con le parole; « È meglio che facciamo noi dall’ alto ciò che altrimenti avverrà dal basso ». I motivi immediati che spingevano i propugnatori dell’abolizione a far delle pressioni sui governi, erano motivi puramente pratici, di carattere economico, sociale. Quelli che avevano spinto Radiscev erano stati motivi di carattere sopratutto morale, ma sia gli uni che gli altri avevano come fine ultimo la riforma della vita di tutta la Russia, il cui tarlo roditore era precisamente la servitù della gleba. Quel che distingueva Radiscev dagli altri ed anche dai suoi contemporanei, come Polienov e Novikov, che non meno energicamente di lui propugnarono la riforma, era il carattere della sua indignazione. Radiscev oltre l’infamia delle condizioni in cui si trovano i servi della gleba, sente anche che la colpa di tali condizioni ricade sopratutto su quelli che, sapendo di essere i depositari di un privilegio secolare,