La servitù della gleba nella lett. russa 53 Lo scrittore è colpito dal fatto che coloro che commettono i gravi abusi da lui stesso denunziati, possano essere innocenti, nel senso di non sentire il valore del proprio peccato. È una nota profondamente caratteristica della vita russa, e fu grande merito del Michailovskij averla sinteticamente espressa nella denominazione da lui data di « nobili penitenti » ai primi scrittori russi. È enorme l’importanza che per tutto lo sviluppo della letteratura russa ha questa sua speciale origine: la figura del « nobile penitente », nata con Radiscev, si riproduce infatti per circa un secolo fino a Leone Tolstoj che ne rappresenta l’incarnazione contemporanea. Quel che importa notare qui è che lo sfondo su cui questa figura nasce e si sviluppa è la servitù della gleba, dapprima in tutto il suo orrore quotidiano, e in seguito nelle deleterie conseguenze che la sua durata lasciò nello spirito russo, anche dopo 1’ abolizione avvenuta nel 1861. II privilegio è precisamente quello d’avere a propria disposizione delle « anime », come se fosse possibile coniare e numerare le « anime » a quel modo che si numerano gli aratri e i carri o una qualsiasi altra attinenza ad un pezzo di terra. C’ è veramente una terribile ironia nel designare « anime » i servi della gleba quando la prima cosa che il mondo circostante imponeva loro, aprendo gli occhi alla luce, era di non avere un’anima. Ed è tanto spontanea questa impressione di ironia, che la designazione specifica di « anime morte » data da Gogol ai contadini, oggetto della speculazione immaginata da Cicikov, diventa designazione generica dei servi della gleba. Anche dopo la lettura del « poema » di Gogol, anche quando già sappiamo che si tratta di contadini morti, che uno speculatore vuol comprare dai loro proprietari, approfittando di una disposizione di legge che dice che per dieci anni tutti i contadini di un determinato proprietario, denunziati nel censimento, deb-