84 L’cOblòmov» e l’oblomovismo qualche volta leva la polvere... » E più avanti : « Io sono dunque 1’ « altro » ? Mi butto dunque io a destra e a sinistra? Lavoro io dunque? Mangio forse poco? Ho forse un aspetto magro e misero? Mi manca dunque qualche cosa? Se non mi sbaglio ho qualcuno che mi serve e lavora per me! Grazie a Dio, da che son nato non mi sono infilato nemmeno una volta da me le calze. Perchè debbo darmi da fare? Per quale ragione? E a chi debbo dire ciò? Non mi hai tu servito fin dalla mia infanzia? Tu sai tutto ciò, tu hai veduto ch’io sono stato educato delicatamente, che non ho mai sofferto la fame e il freddo, che non ho conosciuto il bisogno, che non mi sono guadagnato il pane da me e non mi sono mai occupato di lavori pesanti. Come hai potuto dunque osare di paragonarmi agli « altri »? » Si capisce che il povero Zachàr è ben lontano dal voler fare questo paragone. Solo incidentalmente egli ha accennato a quel che fanno gli altri, perchè nella sua semplicità e buon senso ha veduto che qualcosa bisogna pur fare, se il padron di casa caccia via e l’amministratore ruba e saccheggia, ecc. Ma tutto ciò che dice il padrone è per lui sacrosanto. 11 fatto è che in Oblòmov questa possibilità e capacità di confronto esiste, e talvolta esiste anche la visione chiara che il torto è dalla parte sua, ed allora, come nella scena in cui convince Zachàr, egli cerca di convincere se stesso del contrario, mettendo bene in evidenza che egli non può essere diverso da quello che è, che la sua è la vera esistenza, quella che il retaggio dei secoli gli ha concesso, e che sarebbe delitto rifiutare. È questo, secondo me, l’elemento caratteristico dell’oblomovismo. La semplice inerzia, la pura apatia, l’abbandono di se stessi non rappresenterebbe nulla di particolare senza questo specchio interiore, in cui l’eroe talvolta si guarda, e nel quale scopre quel che egli avrebbe potuto essere, e quel che potrebbe