Vladimiro Korolenko 153 gante, osservando che l’unico impulso, immediato o riflesso che sia, in questa attività pratica, è quello stesso della sua arte: una profonda vera bontà umana che non si ferma a lamentare il male e a desiderare il bene, ma agisce, opera, crea. Il suo sentimento di giustizia osa scagliarsi non solo contro gli uomini ma contro la natura stessa quand’ essa sembra agire contro se stessa, distruggendo e annientando, il senso di giustizia, vivo nel cuore del grande scrittore, In una forma così acuta e sensibile, da sembrar quasi morbosa, lo fece caro alla parte migliore del popolo russo, che vide in lui come incarnata la propria coscienza. Giustamente dunque la critica russa notava che mentre, ad esempio, i lettori di Gorkij e di Cèchov, i quali di Koro-lenko furono contemporanei, si dividevano in partiti e rumoreggiavano a favore o contro i due popolarissimi scrittori, quando si trattava di Korolenko non c’erano, si può dire, quasi discussioni, perchè egli sapeva pacificare e conciliare tutti nell’ammirazione, nello sdegno e nel dolore. Non era questione qui del maggiore o minor valore artistico dei suoi racconti, perchè da tanti punti di vista sia Gorkij che Cèchov gli sono superiori, e Cèchov specialmente, ma è che al contatto colla realtà lo stile di Korolenko raggiungeva risultati eccezionali, inaspettati. E con i mezzi più semplici. Così le pagine sulla pena di morte, come quelle sull’anno della fame, non sono, si può dire, che un’esposizione di fatti. Ma come siano presentati questi fatti, quali siano le come direttore di una di una delle più diffuse e influenti riviste russe: «La ricchezza russa»; nell’immaginazione dei terzi si disegna la serie di grandi e piccoli processi ai quali egli partecipò come pubblicista, gli ultimi infine lo vedono al lavoro pieno di sacrificio nell’ anno della fame e del colera ». N. Kulman in « Pensiero russo » (t Russkaja Mysl »). Marzo 1922.