56 La servitù della gleba nella lett. russa Se chiaro era stato per Radiscev il fine della sua protesta .— Radiscev fu perciò un precursore spirituale nel vero senso della parola — ancor più cosciente e sicura fu la pittura di Gogol, anche se il fine ultimo raggiunto — come fu ben osservato — si trovasse molto più in là di quella linea che lo scrittore avrebbe voluto raggiungere. « Le anime morte » erano nell’intenzione dell’autore un « poema », di cui la prima parte, la sola che, come è noto, fu pubblicata integralmente e si salvò dai successivi scrupoli religiosi dell’ autore, avrebbe dovuto essere quel che « L’inferno » è nella costruzione totale della Commedia dantesca. Solo che l’inferno gogoliano era in terra e precisamente in Russia. Gogol stesso ci ha raccontato il modo come Puskin accolse la sua opera: «Quando io lessi a Puskin il primo capitolo de « Le anime morte » l’espressione di Puskin, il quale di solito quando io leggevo rideva (ed egli amava il riso) si fece a poco a poco sempre più cupa e alla fine si offuscò del tutto. Quando io smisi di leggere egli esclamò: « Dio mio, com’è triste la Russia! ». (1) (1) Il valore delle « Anime morte » come requisitoria contro la servitù della gleba fu compreso lentamente, e le difficoltà che la censura pose alla pubblicazione del libro furono in generale di altro genere. Solo il presidente del comitato di Mosca parve accorgersene, ma fu un momento solo. Le vicende delle « Anime morte « davanti alla censura, ci sono, del resto, esattamente narrate dal già ricordato Semevskij: Alla fine del 1842, al comitato della censura a Mosca fu presentata la prima parte delle « Anime morte » di Oogol. Il censore S. la trovò da principio « del tutto bene intenzionata », ma in seguito qualcuno lo mise in sospetto ed allora egli presentò il libro all’esame di tutto il comitato. Qui al presidente sembrò prima di tutto non conveniente il titolo stesso del lavoro: « Le anime morte ». « No — esclamò egli, — questo -io non lo permetterò mai : 1’ anima è... immortale; anime morte non ce ne possono essere, l’autore si