gemito in questo grido? Sono parole di Dostojevskij : «AI byronismo a quel tempo non poteva restare estraneo nè un grande spirito, nè un grande cuore: ciò era naturale e non solo per identità di sentimento con l’Europa e l’umanità europea, ma perchè in Russia proprio a quel tempo venivano a galla tanti nuovi problemi tormentosi ed ancora insoluti, e bisognava rimettersi da tante vecchie disillusioni.» II problemi sono precisamente quelli cui ho accennato poco prima. E la letteratura comincia a dar loro forma, a renderne conscienti quelli che fino ad ora ne hanno sofferto il peso senza la speranza di trovare una soluzione; «La grandezza di Puskin, come genio e guida, consistette precisamente in questo, nell’ aver trovato e indicato subito, egli solo in un ambiente quasi completamente incapace di comprendere il fermo cammino da seguire, la grande e agognata via d’uscita per i russi! Questa via di uscita dalla disperazione, questa satvezza era nel popolo, nel riconoscimento che è necessario sottoporsi a questa verità. » Questo rivolgersi al popolo è uno dei meriti di Puskin. L’altro suo grande merito, rivelato anch’ esso nella sua luminosità da Dostojevskij, fu d’ avere intraveduta, in un tempo in cui la letteratura dava appena i suoi primi bagliori, l’universalità della Russia, la sua sconfinata capacità ricettiva e la reale, incontestabile, intima parentela del suo genio con i genii di tutti i popoli e di tutte le epoche. E veramente magnifico questo improvviso svegliarsi alla vita, dopo otto e più secoli di chiusa disperazione interiore. Ma è anche magnifica e grandiosa la rivelazione che Dostojevskij ne fa ai russi, dando loro coscienza di quel che essi hanno soltanto veduto balenare nei primi sforzi compiuti per sprezzare il cerchio magico che li ha