DAL REGNO DI FERDINANDO I ALLE GUERRE BALCANICHE D’altra parte le riforme che il trattato di Berlino credeva di avere imposte alla Turchia (art. 23) erano rimaste lettera morta; nuovi tormenti tenevano perciò sempre vivi i germi delle rivolte nelle regioni ancor soggette al turco. Le zone delle maggiori agitazioni erano quelle di Ocrida e Mona-stir; quivi i bulgari, oltre al precedente del trattato di S. Stefano, vantavano sicuri diritti antichi e ricordavano come il Vescovo di Ocrida avesse conservato sempre il titolo di Vescovo dei Bulgari. Se non che i serbi vantavano per loro i diritti di Duscan su quelle terre ed i greci gli illimitati diritti dell’ellenismo; il turco, di norma, appoggiava il più debole contro il più forte allo scopo di prolungare l’acrimonia dei partiti e facilitare il suo dispotico dominio. Erano queste le regioni nelle quali mancava ogni sicurezza pubblica, il teatro classico delle gesta dei briganti turchi, serbi, greci od albanesi, frammisti ai comitagi bulgari. Si aggiunga l’anarchia che regnava in tutto il territorio rimasto turco, ove l’autorità del Sultano era esercitata dalle autorità periferiche con soprusi di ogni genere sugli abitanti cristiani. I funzionari arbitrariamente stabilivano le tasse e ne facevano l’esazione con bande di bascibuzuk che rappresentavano fra quelle popolazioni lo strumento feroce dell’aborrito dominatore. In simile stato servile ed umiliante i sentimenti delle popolazioni cristiane erano a mala pena tenuti a freno 147