LA BULGARIA NEL DOPOGUERRA glio che esse diedero a quelle nazioni d’Europa che volevano invece spingere serbi o greci in Macedonia per i loro particolari interessi, che già pure indicammo. La soluzione odierna è un non senso poiché, si prolungasse pure nei secoli, non lascerà spegnere gli odi fra le razze a contatto nè lo spirito di rivincita di quella soggetta. Nè si speri che la convivenza fra le diverse razze possa tornare col tempo a vantaggio di quella che (senza una grande maggioranza) avesse avuto il sopravvento; ciò potrà apparire già avvenuto là dove una fortunata combinazione storica (ne vedemmo un caso per le popolazioni macedoni passate alla Grecia) consenta alla nazione egemonica di espellere da una terra annessa le genti di razza diversa dalla propria e di sostituirle nel contempo con altra propria, possibilmente anche più numerosa o più ricca. Ma dove questa brutale misura non sia stata applicabile, dove quindi due o più razze debbano convivere sotto l’egemonia di una sola di esse, soltanto un ben regolato rispetto delle minoranze potrà garantire una armonia che eviti allo Stato un cronico disordine. La storia dimostra ampiamente come là dove una stirpe conviva in contrasto con altra dominante, la prima, non la seconda, sia quella che etnicamente più si rafforzi, rafforzando insieme la sua avversione a quel dominio. Un tale 257 !7