messaio ne dà la finita struttura, l’intagliatore le applicazioni trionfanti sulla cimasa, il doratore la mette a oro, di zecchino sempre, e dà rilievo ombreggiando a tratti di nero o d’azzurro colla penna d’oca, e il pittore minia fiorellini e vi passa e ripassa le velature, nè è improbabile che ricorra a far rilievi a pastiglia -— colla e gesso — e il vetraio darà pezzi di vetro politi del color delle gemme, da incastonar nel legno, o ritagli sagomati di speccio da saldare qua e là, o incrostazioni di vetro fuso. Gli intagliatori veneziani, e qualcuno di fuori, erano gli stessi che al Lovisa, al Wagner, al Viero, allo Zatta fornivano le belle xilografie, e Marco Pitteri intagliava da signore con un sol taglio come il pittore — s’è pittore — con una sola pennellata larga modella senza ritocco, e Vincenzo Giacon, padovano, gli stava dietro. Trattavano, essi, il mobile colla finezza che donavano al libro. I pittori erano spesso assai valenti e dipingevano su un cassettone nel modo coscienzioso con cui avrebbero condotto un quadro; poi trionfavano nelle lacche, chè non c’era in Italia o all’estero chi li sapesse uguagliare. Le splendide lacche alla cinese della prima metà del secolo! Si insegna che la moda si era diffusa in Europa dall’Olanda, pel tramite della Compagnia delle Indie, ma la Cina, codesta sfinge misteriosa, non era poi del tutto irrivelata ai veneziani; ne conoscevano i prodotti per diretti contatti. Ed ecco le delicatissime lacche del tartaro, Figurini, pagode, animali sacri, uccelli, fiori (caratteristica dell’ ornamentazione i crisantemi e le peonie) e tutto parlava di simbolo. Ignorava, il pittore, che quella fi- gura obesa dipinta là, sulla portella d’una scrivania, era Pouts-ai, il dio che serba i beni terreni? e che dipinto sulla testata d’un letto poteva anche tramutarsi in dio della sensualità? Ma su un letto, forse, meglio figurava l’anitra: la felice unione. Ignorava, il pittore, che i colori che adoperava avevano un loro linguaggio dacché metter giallo oro per rosso valeva confonder terra con fuoco? Non giuriamo che avesse tanta conoscenza: copiava diligente, scrupoloso, i modelli cinesi, ma si direbbe senza entusiasmo se alla metà del secolo, cinese è bensì la maniera, ma veneziano è il soggetto e l’artista ha assunta la sua piena libertà di cogliere gli aspetti della vita locale (pittorici per certo) o di quella convenzionale che suggeriva il pensiero poetico del tempo: Grazie e Muse e Sirene e Amore e i Piaceri e rose e gelsomini e mam-molette. I casini volevano quei mobili ; quei mobili volevano dipinti go-losetti; e in quei dipinti consolava la vista la dama che leggeva soltanto di Numi innamorati. che han tremule le luci e languidette, che esalano sospir caldi e beati... La lacca celebrò la bellezza del mobile del settecento veneziano come 1’ intarsio quello piemontese. E tenne saldo: chè quando era troppa spesa far tutta pittura ecco soccorrere le stampe ritagliate, tinteggiate, e che l’economica sandracca facesse il resto. Come? Nessuno qui chieda dissertazioni di tecnologia. Ci basti affermare che il calunniato settecento accumulava tanta bravura nelle arti decorative che gli sforzi d’oggidì e i più copiosi mezzi non ancora la vinsero. In esse intelletto e fan- Reggi tazze settecentesco (Raccolta Gatti-Casazza). - 26 -