412 Praticamente l’aggregazione non poteva avere e non ebbe effetto. Nè papa, nè imperatore, per quanto compiessero il rito di investitura a favore di Poppone, avevano mezzo di spossessare il patriarca grádense e di immettere l’avversario nell’effettivo esercizio dei presunti diritti (1). Orso restò sempre patriarca di Grado, a dispetto di tutte le pene contro di lui minacciate. La sede grádense continuò a esercitare, come prima, i secolari diritti metropolitani. Solo un atto di violenza avrebbe potuto mutar faccia alle cose. Ma nè il papa, nè l’imperatore e neppure Poppone, per quanto non animati da simpatia per il governo ducale, furono disposti a nuovo impiego di forza per non elevare il problema grádense, prettamente ecclesiastico, a un fatto politico, che offendesse la suscettibilità nazionale veneziana. In effetto la situazione restò immutata. Ma la severa sentenza, per il momento, in cui fu pronunciata, e per le persone, che la ratificarono, costituì un documento gravissimo della parafisi, dalla quale la vita politica ducale era colpita. 4. — Essa viveva alternativamente momenti di spasimo e di sfiduciato abbandono : cercava ristoro alle sofferenze per vie diverse, e i tentativi riuscivano vani. Tra lo smarrimento degli uomini, in mezzo al tumulto delle passioni, avvelenate da rancori personali, era difficile suscitare un’idea, raccogliere intorno ad essa un robusto ordine fiorente di volontà. La crisi morale e la crisi politica avevano disorientato la coscienza pubblica. L’esteriore quiete della città, la finzione di solidità dell’ordine ducale non distruggevano le spontanee naturali diffidenze inculcate dal dominante disagio. Triste sorte, ma non disperata. L’anima popolare aveva tante risorse e si fresche energie per rifare la vita più virilmente attiva. Il travaglio fu lungo e doloroso, ma istruttivo. Temprò menti e per- (1) Mansi, Sacr. concil., XIX, 497 ; M. G. H., Legum, sect. IV, 82 sgg. (Bolla di papa Giovanni a ratifica delle decisioni della sinodo). Sttjmpff, Reg. imper., p. 196, n. 1024 (diploma di Corrado II, del 8 Marzo 1034, per il patriarcato di Aquileia, ratificando gli atti del 1027, nel quale si ribadisce Velici vero cum semper imperio nostro rebelles extiterint et Gradum plebem per vim tenuerint. (Cfr. Bresslau, Jahrbucher Konrads II, I, 138 sg., 150 sgg., 156 sgg).