4 LUIGI FERDINANDO MARSILI tini che porta per titolo « Benacus », Osare Betteioni à cantato pure il bel lago in versi e Cesare Arici à dei melanconici versi sciolti su Sirmione. Ed anche in prosa il Garda à avuto dei bei descrittori, quali Jacopo Bonfadio, nel secolo XVI, e nell’ottocento Serafino Volta, Ciro Pollini, Enrico Bignami ecc. E che dire degli scienziati che hanno visto nel Garda un soggetto così interessante, pieno di problemi ¡ter l’origine e per le vicende, e degli storici che nelle terre intorno al lago hanno narrato due civiltà cercanti di superarsi a vicenda? Tutti i trattatisti di geografia — i maggiori — ne parlano, tutti i più famosi viaggiatori si fermano davanti al nappo smeraldino e sciolgono inni di lode ad esso; Leandro Alberti nella sua Descrittione dell’Italia è il più generoso di spazio dato al Garda, ma Flavio Biondo non lo scorda, nè il Cluverio, nè l'Or-telio lo scordano ed Andrea Scoto nel suo Itinerario più volte accenna ad esso. Le raffigurazioni del pari sono moltissime ed alcune di esse assai interessanti e per i dati che ne ricaviamo e per la tecnica cartografica : da quella pubblicata da V. Fainelli e che è del ’300, attraverso alla carta del 1440 illustrata dall’Almagià, alle carte marsiliane ricostrutte su dati del nostro, su misurazioni fatte da lui, quanta ricchezza e quanta materia di osservazioni, d’indole generale e particolare, sul territorio rappresentato e sul modo di rappresentazione! Ma ciò che ha fatto il Marsili si scosta del tutto da ogni precedente : è l’inizio di una nuova era per la letteratura del Garda. Non è più il bel « nappo » smeraldino che si descrive, non sono più i ricordi classici che si ripetono: il passato è scordato del tutto e solo rimane dinanzi il fatto reale, l’entità geografica nella sua grandiosità. Il Marsili, che aveva visto tanta parte d’Europa, e non era nuovo alla trattazione di individui geografici notevoli, soggiornando per qualche tempo sulle rive del Garda, si sente trascinato a descrivere questo superbo rappresentante della limnologia italica, e, presa la decisione di farlo oggetto del suo studio, non va a compulsare vecchie carte e libri antichi. Se cita Strabone e l’itinerario di Girolamo da Capugnano e lo Schott, è solo