SCRITTORI JUGOSLAVI 65 grazia e lo sfarzo originali corrono rischio di andare infranti fra le dita del traduttore: a tradurre da Svetislav Stefanovié, non va sciupato il pregio migliore della sua poesia. Ecco un esempio. Il sonetto « La felicità della solitudine », che tradussi liberamente, secondo il mio uso, farà vedere quanti pensieri sappia con-. densare il poeta in soli quattordici versi: Rimasi senza tetto; come un vero vagabondo giro per la città deserta, addormentata. Nessuno incontro su questo mio cammino, in nessun dove incontro anima viva. Tutto è vuoto, fino alle stelle lassù, piccole, pallide. Solo, sprezzato, inseguito, senza un nido mio, vado vagando sotto lo splendor delle piccole stelle, che splendono anche quando nessuno le guarda. E mentre dal loro trono splendono tranquille e mute e senza sentimento, mi commuove la loro solitudine, e comprendo la felicità placida e santa di poter sentire anche per loro, mentre l'anima porto confitta sulla croce. Anche da questa mia libera traduzione, baia» il poeta filosofo, il poeta della poesia cosmica, che forma l’anima e l’essenza del futurismo jugoslavo. Stefanovié, anche quando canta i propri dolori, è l’interprete dei dolori degli uomini e del-l’umanità. Non a caso, nella sua bella raccolta di s