192 UMBERTO URBANA/. - URBANI che doveva accorrere in aiuto di Ibrahim-bev, circondato dai serbi, t’Andrié scrive: «Egli odiava questa terra tenebrosa e montuosa, con il suo paesaggio frastagliato e il suo pazzo clima, non meno dei suoi abitanti, sempre irrequieti e sempre in contesa. Amante della vita tranquilla e dei sollazzi, che adorava, spesso sognava di notte il mare, popolato di candide vele e all'indomani raddoppiava il ~uo «dio contro i robusti e baffuti bosniaci e contro le brusche e violente sagome delle montagne di Travnik, che gli serravano l’orizzonte». E peggiore del pascià era il suo prete di campo, il .suo imam Mula Jusuf, già insegnante di gn»'*-matica e di retorica a Sarajevo. Fra cento muje-zini, si distingueva la sua voce chiara e potente, che faceva sentire dalla moschea del sultano soltanto durante il ramazan e in poche solenni occasioni. Ma di lui si narrava ch’era dovuto scappare da Vlaska, perchè aveva sgozzato una donna. E lì. a ViSegrad, nelle mani dell’imam era caduta la figlia di un ricco mercante turco di Trebinje. Un brigante montenegrino, dopo aver uccisa l’intera famiglia, aveva presa con sè la ragazza. Voleva farla battezzare e sposarla. Intanto la trascinava oltre i boschi e i monti, da un monastero all’altro, finché non gliela tolsero i turchi, che la consegnarono al cadì di Yisegrad. Per rimandarla a Trebinje, il pascià incarica Mula Jusuf, ma questi con un paio di rasoiate doma la povera vittima, pazza dal dolore, prima di sfogare su di lei ' suoi selvaggi istinti. E così fanno, poco più poco meno, tutti i rap-