SCRITTOCI JUGOSLAVI 43 — Colpisci e tormenta e stringi più forte — dice al destino — ma sappi che dalle mie labbra non uscirà parola d’imprecazione e di debolezza. Il poeta sente che intorno a lui, avvinti dalle stesse catene, piangono uomini, donne e bambini; ma, più forte del loro grido, il suo spirito tranquillo vola alto come la rondine sulle distese del mare. Il Rakió, che pubblicò un volumetto di liricho nel 1904 e un secondo nel 1912, appena nel 1924 fece sprigionare dalla sua lira profonda le strofe di < Eclissi ». Branko Lazarevic chiamò quel canto la più alta espressione della lirica serba. Il canto, che fa balenare l’epoca nostra, il nostro doloroso dopoguerra, è la sintesi buddistica del pessimismo del poeta. Non so, non so cosa è ora, nè chiedo ciò che sarà domani. Giaccio come un tronco nell'oscurità e i miei sensi sono sazi di tutto. Nulla più mi tormenta: tutto guardo con occhio estraneo e morto e dormo, come le placide acque nell’oscura pace profonda. Mesto in cuore e china la fronte, vorrei svelare un doloroso segreto, che da lungo mi soffoca: ,ySo bene, o Dio, i difetti della Tua opera, ma non posso imaginare nulla di meglio". Il Rakic non arricchisce di nuovi sistemi la filosofia del dolorar non fa che constatare l’esistenza