42 UMBERTO URBANAZ- URBANI di Cossovo divenne, sì, una immensa fossa e un macabro ossario, ma fu glorioso anche nella sua epica sconfìtta e rimase perciò ara di risurrezione ... ★ * Il dolore del Rakiò, più che nell’ambiente, è nella vita, nel mondo, nell’infinito: non è nel cuore, ma nel pensiero. Il cuore si può talora accontentare di poco, ma il pensiero è il « crucciato martire, ohe cruccia gli uomini >. Nella poesia, intitolata appunto « Il pensiero », il poeta rileva che tutta la vita è fatta di dolore e di miserie e conosce la sorte degl’ideali. Egli non ha scialacquato la vita a braccia incrociate e ad occhi chiusi, e sa che quando spasima il cuore, la colpa è del pensiero. Quando scende la sera e sui campi oscuri si inseguono fiocchi di candide nebbie, anche il poeta sente il desiderio della pace e del riposo, ma allora si desta il pensiero, feroce come una belva, che lo afferra e lo porta nelle regioni dei pianti. Il poeta, legato come Mazzeppa al cavallo, trascorre infranto, sfinito, con lo spavento negli occhi, le orride steppe. Il Rakic è il poeta del dolore senza lagrime e senza disperazione. Non odia gli uomini, ma ama tutte le gracili creature, che portano la morte nel petto: constata il dolore universale e allude alla forza invisibile, che stringe gli uomini nelle sue strette: non bestemmia, non si ribella, non si lascia accasciare, perchè sente in sè stesso la forza di ridere in faccia al destino.