29 Padova (è, s’intende, Severiano de’ Dauli), di Aitino, di Treviso e di Oderzo (1). Proseguendo secondo questo ritmo, il racconto padovano ostenta non conoscere la leggenda attilana. Nella stessa guisa la tradizione indigena, prima del Dandolo, nulla registra della presunta iniziativa padovana e di tutte le vicende connesse. Essa si riveste di un carattere di maggior verosimiglianza e muove da elementi più realistici : anch’essa però mescola e rimescola il vero con (1) Lazzarini, Il preteso ecc., cit., p. 116 sg. Nulla di tutto questo, che è poi trasfuso nel Dandolo (Cronica, ed. cit., p. 53 sg.), è vero, neppur la erezione del tempio di S. Giacomo e la sua consacrazione, trasformata dal Marzemin in un concilio antiscismatico di qualche secolo dopo, mai esistito. In merito non sarà inutile rilevare che i recenti scavi operati a m. 1,50 nel sottosuolo della Chiesa e che avrebbero rivelato l’esistenza di un antichissimo pavimento del sec. V o VI, devono esser esposti in termini esatti, quali mi sono comunicati dalla Soprintendenza ai Monumenti di Venezia, per il tramite della signora dott. Bruna Forlati Tamaro, che ringrazio. Lo scavo fu condotto a m. 1,50 : a m. 0,50 dall’attuale piano furono trovati resti, di cui mi fu fornita la fotografia, eseguita al momento dello scavo a cura della Soprintendenza, di un sottofondo di pavimento, (e non di pavimento) di epoca imprecisabile : lo strato di terreno sovrastante è costituito da terreno di riporto. Orbene, fra il piano attuale deH’interno della chiesa e quello delle costruzioni ad essa adossate e che con essa hanno sempre fatto un corpo solo, e conservano il livello originario, esiste un dislivello di cm. 50, corrispondente alla sopraelevazione operata nel restauro della prima metà del sec. XIV. Analogo dislivello si osserva anche rispetto al piano, sopra il quale riposa la loggia anteriore allora costruita, che è arbitrario attribuire a epoca più tarda. La verità è che al momento della ricostruzione, che potè essere anche un restauro più o meno profondo, fu sopraelevato con terreno di riporto sopra il sottofondo del vecchio pavimento il piano della chiesa, lasciando immutato quello dei corpi di fabbrica annessi. Ma dai residui del sottofondo non è possibile determinare a quale epoca risalga il primitivo pavimento, e non si può quindi dedurre la remota antichità di costruzione della chiesa. La quale, fra l’altro era anche munita di campanile, fino al sec. XIV, elevato davanti alla facciata, nel lato destro, distanziato, secondo l’uso comune, da essa. Se anche non si può posticipare notevolmente, come credo (cfr. il mio libro sopra Rialto. L'isola, il ponte, il mercato, Bologna, Zanichelli, 1934, pp. 17 sgg. e doc. Ili, p. 314), l’epoca della prima erezione, gli elementi stilistici, che si possono raccogliere, e ogni altro indizio, compresa l’iscrizione, relativa al mercato, che non è del sec. IX, non suffragano in alcun modo il termine cronologico della leggenda (cfr. Gallicciolli, Delle memorie venete antiche, t. II, pp. 337 sgg. ; Ruskin, 8. Oiacomo di Rialto, in Venezia, trad. di M. Pezzè Pascolato, Venezia, p. 35 sgg).