357 nella sua persona risorgeva, senza visibile contrasto, la fortuna della infelice famiglia, quasi tutta esule dopo la rovina del suo ultimo diretto rappresentante. La grave pena da questi scontata a prezzo della vita era stata di severo ammonimento e aveva anche annientato ideali indarno accarezzati. La situazione interna ed esterna era dura e penosa, ma le esperienze della vita avevano insegnato qualche cosa. Il nuovo reggitore non poteva illudersi di far rivivere il recente passato, al quale orgoglio di stirpe e interesse di clientele facevano appello. La rabbia popolare lo aveva furiosamente distrutto. Vitale Candiano, per le sue origini, per l’ambiente famigliare e politico a lui prossimo, per gli influssi subiti, per gli uomini utilizzati, pareva proposto a sciogliere ardui problemi, non superati dalla dirittura e dalla rigidità del predecessore. Le buone doti però, che nella sua personalità si assommavano, non dovevano servire di avallo a rinuncie indecorose per comperare la pace. La tregua delle lotte esigeva l’abbandono di una folle politica di espansione continentale. Lo spirito pubblico rifuggiva da ambiziosi sogni di dominio, non conformi all’originario temperamento. Ma l’anima popolare si opponeva con severo diniego a rinuncie lesive della indipendenza e dell’interesse della nazione. Il patriarca Vitale, che era capo dei fuorusciti e tramite dei congiurati presso la corte imperiale, fu assunto dal nuovo duca quale mediatore di pace tra il nuovo governo ducale e il sovrano tedesco (1), i cui sentimenti antiveneziani erano stati anche troppo esasperati. (2) A lui, autore di tante sobillazioni, competeva, di fronte a mutata atmosfera, placare le ire scatenate e spegnere le cupidigie cresciute nell’animo di falsi amici. Lo spirito veneziano stava vigile. Con spiegabile diffidenza sorvegliava l’equivoca alternativa di accordi (1) Il patriarca Vitale, qui apud Veronensem marchia morabatur, all’in-domani della catastrofe orseoliana era rientrato nella sua sede (Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 143 : in Venetiam inlravit). A lui toccò, duce interpellante, farsi mediatore di pace fra imperatore e Venetici, e per questo Teotonicam petiit regionem (ivi, p. 143). (2) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 143 : quoniam ducis Petri interfectione ammodum illos execrabilcs exososque habebal.