88 torio opitergino e del suo vescovado, operato da Grimoaldo nel 667 (1), scomparve, forse alla fine del secolo, con la morte dell’ultimo rappresentante (2) ; quello di Aitino potè sopravvivere e mantenere integro il suo titolo, alternando la residenza tra Aitino e Torcello (3). Ma di titoli indigeni o per trasferimento, o per novazione, o per nuovo istituto è prematuro parlare, nel momento in cui le vicende militari dell’ epoca rotariana contribuirono a fissare 1’ area del ducato entro limiti non suscettibili di spostamento. 2. — La fisionomia, che esso assunse, nella sua struttura generale, si profilò a contorni ben definiti. La vita, come le abitazioni, diventarono prettamente lagunari, invertendo e capovolgendo i rapporti, che legavano la laguna alla terraferma. Il ducato conservò ancora la proprietà di appendici sopra quella, e in essa gli emigrati mantennero diritti di vario genere individuali e collettivi, estesi anche oltre l’incerta linea provvisoria di confine. Lo spazio di terraferma, sottoposto alla diretta giurisdizione bizantina, quello che sarà riconosciuto proprietas del ducato, era poca cosa : il breve territorio, che stava a fianco di Cittanova, i cui limiti saranno precisati quasi un secolo dopo (4) ; 1’ agro altinate compreso tra Zero e Sile ad est del fossato scorrente fra l’uno e l’altro (5) ; l’agro (1) Pauli Diaconi, Hist. Lang., V, 28. Il placito liutprandino del 743 fa risalire lo smembramento alla distruzione di Rotari (Chroust, Unter-suchungen cit., p. 208; Botteon, Un prezioso documento cit., p. 4; Documenti cit., I, 42, 43). (2) Il vescovo opitergino Benenato, esule, era presente e sottoscriveva alla sinodo del 680 (Cessi, La crisi cit., p. 835), e un vescovo di Oderzo pure esisteva, quando fu eretto il vescovado di Ceneda, che pretendeva rivendicare i diritti della diocesi di Oderzo, e al momento dell’elezione del primo vescovo cenedese, Valen-tiniano. Gli avversari delle pretese di questo obbiettarono che il legittimo vescovo, se mai, sede destructa, in quadam insula latitans vivus eral, quando tu presulatus honorem sumpsisti. Ciò fa presumere che, al momento del dibattito, ai tempi di Liutprando, la sede opitergina fosse considerata vacante (Chroust, Untersuch., p. 207 ; Documenti cit., I, 42. Cfr. Cessi, La crisi cit., p. 837 sgg.). (3) Cessi, La crisi cit., p. 842 sg. (4) Cfr. il Pactum Lotharii dell’ 840, cap. 26 e 28, in M. G. H., Leg. sect. II, Capitularía, II, 132 ; Documenti cit., I, 107. (5) Si veda il diploma di Federico I, che riproduce i termini carolini fissati nel territorio altinate inter Veneticos et Longobardos (Cessi, La crisi cit.,p. 827).