267 gradualmente ricondotto nell’orbita degl’interessi del regno in armonia al decrescere dell’influenza politica bizantina nell’Adriatico. Le clausole caroline, applicate con altro spirito, dal tempo di Lotario in poi, contribuirono ad avvicinare e stringere il mercato veneziano a quelli di terraferma e dell’impero. È inutile ricercare se aspirazioni franche avessero o meno tentato estendere nuovamente il proprio influsso politico sopra il ducato. Spontanee necessità di scambio avevano ristabilito cordiale intesa e la intensificavano promovendo frequenti contatti : l’antitesi politica era temperata dall’armonia economica. La moneta, il cui uso pare discorde tra regno e ducato veneto, la lira d’argento, anziché il soldo mancuso, era ridotta a unità di valore per tramite del danaro di identico conio e di stampo affine a quello imperiale (1), quale la pratica dettava per insopprimibile bisogno di traffico. I primi conii, che portano sopra il tergo la leggenda di Venezia e riproducono l’immagine dei danari imperiali coi nomi di Ludovico I e di Lotario I, fossero essi o no di fattura indigena, esprimevano la stringente opportunità di equilibrio economico tra terraferma e laguna. L’accoppiamento del nome di Venezia con quello degli imperatori franchi non aveva altro significato politico : esso non è l’espressione di ipotetico esercizio di sovranità, anche idealmente concepita, degli uni sopra l’altra, ma risultato di un processo di adattamento spontaneamente compiuto. Il conio imperiale d’occidente era accolto per necessità di traffico. Lo stretto legame intercedente tra 1’ attività mercantile delle due sfere esigeva uniformità di moneta. La leggenda nazionale sopra essa impressa contrassegnava l’individualità lagunare e salvaguardava l’autonomia di conio, che in progresso di tempo sarà migliorata anche nei simboli. Se l’attribuzione del danaro con le leggende : (1) L’esistenza di libre veneticorum, di cui al cap. 34 del Paci. Loth. (M. G. H., Capit., II, 143 ; Documenti cit., I, 108), fu contestata ; anzi per questo ricordo da taluno fu infirmata la paternità del patto lotariano (Cfr. Papadopoli, Le monete di Venezia, Venezia, 1893, I, 13 sg. ; Besta La genesi cit., p. 596). Ma i dubbi sollevati non hanno ragion d’essere. Cfr. Cessi, Problemi monetari veneziani, I, VI sgg., in «Documenti finanziari veneziani editi dalla Commissione per gli atti delle assemblee costituzionali italiane della R. Accad. dei Lincei », s. IV, voi. I ; Solmi, L’amministrazione finanziaria del regno italico nelValto medio evo, Pavia, 1932, p. 97 sg.