Parlare o scrivere dell’Adriatico è cosa, oggi, cui occorre aver un doveroso riguardo. Troppe passioni si accesero ed ardono ancora intorno ad esso, e troppi interessi vi si intrecciano : interessi non privati, che sarebbero giustamente spregevoli., ma di Nazioni. E per questo conviene a chi si accinge all’impresa esser cauto e guardingo perchè gli scritti o le parole non siano fraintesi e malamente interpretati sì da toccare una meta opposta alla prefissa. Nostra intenzione è, seguendo la passione che da anni ci fa vivere nell’Adriatico, illustrare il valore reale di questa divina arteria di pacifico progresso, valore che, misconosciuto volutamente o inconsciamente, ha fatto si che fosse oggetto di contese irose e illogiche quanto deve essere oggetto di una razionale e metodica valorizzazione. Il nostro abito mentale ha influito perchè alle cifre fosse dato il compito di illustrare oggettivamente il valore intrinseco delle cose. E se qualche enunciato parrà ardito, convien notare che non è dettato dalla retorica, facile maestra di facili applausi, ma dallo studio paziente e molte volte doloroso di cose e di fenomeni che solo se obbiettivamente osservati dan la chiave dell’annoso problema. L’Adriatico anteguerra. Spentosi nella languida inazione settecentesca la gloria della Serenissima Dominante, quello che fu il golfo di Venezia, vide sorgere a dignità sovrana quegli scali e quei porti che sino ad allora vegetavano di modesta vita locale. Così nella metà del secolo XVIII i porti orientali dell’Adriatico iniziavano una certa vita, artificiosa e basata su privilegi e monopoli nella prima ora, ma sempre più rigogliosa man mano che declinava la potenza veneta. La erezione in porto franco di Trieste e Fiume costituì senza dubbio uno dei colpi più forti portati alla Serenissima. E logicamente i nuovi empori si orientarono subito verso il Centro Europa dal quale erano venuti i benefìci e i privilegi. Trieste e Fiume ebbero quindi dal loro sorgere una funzione anti veneziana. La nuova gente affluita, specie a Trieste, era ricca di iniziative e ansiosa di fortune. E mentre in Venezia, divenuta austriaca, si poltriva in platoniche recriminazioni del passato, e solo pochi preparavano la riscossa nazionale, a Trieste si organizzava un complesso finanziario (le assicurazioni) e un nucleo di marineria formidabili, che animati da energie vergini e da un desiderio inespresso ma formidabile di predominio, preparavano nel Lloyd austriaco una meravigliosa arma di espansione. L’ Adriatico diventava austriaco. E troppa differenza era tra la costa di dominio austriaco e quella italiana. Questa, diffìcile per approdi, povera di insenatura: gli abitanti di scarsa ricchezza o indeboliti: la costa austriaca doviziosa di approdi, ricca di gente attiva: in dominio diretto di uno Stato formidabile tanto quanto il nostro era allora infante. E il dominio austriaco nell’ Adriatico fu, si può dire, senza rivali. Gaso mai se una rivalità era in esso, essa era tra i due porti dell’impero: Trieste