133 consacrazione. Ai fedeli e umili servi della Chiesa non restava che invocare la redenzione e la salvezza da Dio, dal beato Pietro e dall’autorità di colui, al quale erano state affidate dall’apostolo. A lui chiedevano la grazia di esser sottratti al morso di mercenari, di esser strappati dalle mani dei Longobardi per difendere 1’ onore e la dignità di S. Pietro e della S. Sede, per impedire la distruzione della norma canonica dei Santi Padri. Non potè vasi tollerare che lo splendore delle chiese fosse oscurato, che le povere genti, le quali sopportavano oppresse da orribile giogo l’immane sventura, fossero più oltre dilaniate dalla violenza longobarda. Il popolo dell’ Istria aspettava il proprio riscatto da Dio e da S. Pietro per tramite delle sanzioni pontificie ; attendeva con ansia il suffragio della grande e ineffabile misericordia divina, che era stata dimostrata a Ravenna, alle città e territori ravennati con l’esercizio del-l’autorità e della difesa apostolica. I Longobardi taglieggiavano quotidianamente i miseri fedeli, imponevano collette a militi e servi delle chiese, esigevano da essi contribuzioni in natura, frumento e bestiame, pari a quelle spettanti alla Chiesa di Roma, a quella metropolitana, alle singole chiese. Chi potrà liberare l’Istria dall’oppressione longobarda se non l’autorità pontificia, promovendo nei riguardi di questa regione un’azione analoga a quella che aveva portato alla liberazione di Ravenna e dei suoi territori ? Al mortificante disprezzo episcopale dei sacri canoni, al protervo arbitrio di uomini sconsigliati, il papa oppose risoluta fermezza. Con minaccia di severe pene ordinò ai trasgressori di far ammenda di una colpa, che portava all’esercizio delle sacre funzioni ministri illegittimamente consacrati, e di riconoscere le prerogative del metropolita (1). La crisi però era più profonda, nè poteva essere composta con 1’ adozione di ordinarie procedure. L’ esplicito invito rivolto dal metropolita al papa di intervenire in Istria con metodi analoghi a quelli, che avevano redento il territorio Ravennate, era sintomatico. L’arcivescovo gradense, è vero, rivolgeva il caloroso appello per la tutela di diritti singolari, quelli della sua chiesa, quelli delle chiese suffraganee, quelli dei (1) M. 6. H., Epist., Ili, 714 ; Documenti cit., I, 50 sg.