78 ai fratelli Tasone e Caco, figli di Gisulfo, duchi del Friuli, i quali nella beffa, pur difendendosi da eroi, rimisero la vita (1). Il cronista franco, Fredegario (2), e sopra le sue orme quello longobardo, tramandarono la versione comica ed eroica della scena: l’inganno teso, il subdolo tranello, l’assalto proditorio, la brillante, valorosa, disperata difesa dei traditi, la beffa finale della rasura della barba al mozzo capo del duca Tasone, da parte del patrizio romano, per mantener fede alla promessa giurata agli ospiti longobardi. È una scena alquanto monotona. L’annalista franco aggiunse maggior copia di particolari per renderla più vivace : inserì qualche spunto politico, insinuando la connivenza del re longobardo, Adaloaldo. Tutto ciò non appaga, nè può appagare la nostra curiosità, perchè la ricchezza dei particolari non illumina il profondo mistero, adombrato nei leggendari dettagli dell’episodio. I motivi politici, che eccitarono il disgraziato incidente, restano ignoti, e anche nelle memorie più credibili, intente solo a raccogliere i particolari di sapore drammatico, è difficile intravvedere la verità. Eppure motivi politici reconditi si devono sottintendere, e certamente esistettero. Ma perchè mai l’alto dignitario bizantino si trovava a Oderzo ? a quale fine ? per qual ragione si intromise in questa brutta faccenda ? Sono interrogativi destinati a restare senza risposta, tanto più che la complicità del re longobardo, asserita dall’ annalista franco, è assai dubbia. Comunque, sia o no esistito tacito od esplicito consenso tra la corte pavese ed il governo di Ravenna, ovvero gli uomini politici bizantini, spiando la debolezza del regno, torturato dalla crisi interna e da quella esterna, abbiano colto l’occasione propizia (3), il basso intrigo rivela la povertà della mente politica. L’episodio non restò isolato. Uomini del governo civile, come uomini di chiesa, gareggiavano ad accrescere il disagio di una situa- (1) Pauli Diaconi, Hist. Lang., IV, 38. (2) Fredeoarii, Chronicon, c. 49. (3) Cfr. Vicende cit., I, 164 sg.