348 Il cumulo di tanti motivi avversi esercitava all’interno, sopra la coscienza pubblica, una azione deprimente e disintegratrice, che in qualche momento faceva apparire preferibile l’onerosa tutela imperiale alla tirannia nazionale. L’iniziativa dei Cavar-zerani di invocare la protezione dell’ impero a garanzia dei loro diritti, se vera, avrebbe costituito un precedente assai grave e avrebbe indebolito la virtù della sovranità ducale. Ma è assai dubbia, se non falsa (1) : anche in questo caso però non priva di significato. La vita veneziana, sottoposta a sforzi superiori alle sue possibilità, a lungo andare finiva per cedere a sensi di stanchezza e di abbandono. L’inavvertito collasso preparava il terreno a reazioni feroci e micidiali. Il cronista credette superfluo enumerare i provvedimenti successivamente decisi con senso di rigore e tutti egualmente ingrati alla coscienza veneziana. Ogni novità, non coerente alle linee della tradizione, turbava e irritava. Quando la misura fu colma, dopo un’esperienza a lungo sopportata, l’odio, ogni tratto manifesto in episodi incomposti (2), esplose con inaudita e scellerata audacia (3), e tanto più atroce, quanto più formidabile era la difesa, che ricingeva la dimora ducale (4). Le milizie, che la presidiavano e la custodivano, per virtù di metodico esercizio e di severa disciplina, seppero resistere con saldezza a inermi assalitori, per quanto numerosi, e respinsero i loro frequenti attacchi (5). Ma l’ira popolare, esasperata, non piegò. Alla tenacia delle armi i ribelli opposero l’astuzia, e appiccarono fuoco alle case prossime alla residenza ducale, da essa separate per interposizione di piccolo rio. Si presumeva di avvolgere il palazzo in un (1) Il diploma, come giustamente reputò il Sickel, è falso (M. G. H., Dipi, reg. et imp. I, 480. Cfr. anche Gloria, Cod. dipi, pad., I, 86, n. 60 ; Bellemo, Il territorio cit., p. 291), ma di falsificazione assai remota, dell’epoca orseoliana, per rivendicare certi diritti, che sembravano misconosciuti (Cfr. il placito del 999. Bellemo, Il territorio cit. p. 291 sg.). (2) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 139 : jacultatemque perdendi sedule machinarent. (3) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 139 : guadarti die facta conspi rat ione in illum insti rgere adorsi sunt. (4) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 139. (5) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 139 : nulla ratione ausi sunt penetrare.