226 Il dibattito gradense era considerato dalla coscienza politica veneziana, rappresentata dai suoi reggitori, sotto un aspetto diverso da quello degli uomini di chiesa. Questi non sapevano rassegnarsi a rinunciare agli ultimi residui di vecchi diritti, di cui ancora godevano (1) ; quelli invece apprezzavano il valore metropolitano della sede gradense, vigorosamente difeso, quale funzione inscindibile dello stato, in tutto conforme a questo e politicamente e territorialmente. La vitalità dei poteri metropolitani non poteva esser sacrificata (2), ma, nell’ interesse veneziano, doveva essere fatta strumento di ricomposizione dell’unità nazionale della chiesa; conforme a quella morale e politica doveva coincidere con i limiti del territorio patrio. Le proteste veneriane perciò non ebbero esito, anche perchè contrastavano con lo stato di fatto. Coglievano nel segno soltanto, quando oppugnavano l’assurda pretesa aquileiese di distruggere la sede episcopale di Grado e ridurla a semplice plebs di Aquileia. Ma forse erano superflue, perchè nessuno era disposto a riconoscere e attuare una decisione di questo genere, forse nemmeno i suoi autori. Non sorprende che uomini allevati nella mentalità gradense fossero restii ad adattarsi alle nuove esigenze ; tanto meno che un patriarca, responsabile verso la sua chiesa della custodia di secolari diritti, pronunciasse volontaria rinunzia, e, almeno formalmente, omettesse elevare qualche protesta. Traverso la questione istriana era compromesso anche il diritto metropolitano, anzi l’esistenza della sede episcopale. Le proteste erano legittime ; più ancora, doverose. Esse acquistavano un significato personale, iniziando ima nuova fase del problema gradense sopra la scorta di falsi, che gradualmente saranno manipolati e introdotti nel dibattito, senza riuscire a chiarire e modificarne i termini. (1) Cfr. la lettera di Venerio all’imperatore Ludovico per la missione di Tiberio (M. G. H., Epist., V, 314; Documenti cit.,1,82 sg.), la risposta di questo, (Ughelli, Italia sacra, V, 1004 ; Documenti cit., I, 83), e sopratutto la protesta diretta a papa Gregorio IV, (M. G. H., Epist., V, 315 ; Documenti cit., I, 90) per rivendicare i diritti giurisdizionali istriani. (2) Perciò i duchi Agnello e Giustiniano appoggiarono la prima missione veneriana all’imperatore per la difesa dei diritti patrimoniali e delle prerogative dell’arcivescovo gradense (M. G. H., Epist., V, 313 sg. ; Documenti cit., I, 79 sgg.).