108 E allora che resta dell’azione e della personalità del presunto artefice di una ipotetica rivoluzione, se questa non esistette, almeno nella forma e secondo le finalità descritte ? Chi può essere Paulicius dux ? e chi può essere il magister Marcello ? quali funzioni esercitarono e che cosa rappresentarono ? Avanti la rivolta antibizantina del 727, che fu italica e non soltanto veneziana, e costò la vita al patrizio Paolo, non si può parlare nel ducato lagunare, e neppure negli altri, di duchi nazionali. Le milizie erano reclutate regionalmente e composte di elementi indigeni, ma le cariche dirigenti erano sempre coperte da funzionari bizantini, obbedienti alla gerarchia esarcale (1). Il ducato veneziano non sfuggì alla comune sorte, e per qualche tempo ancora partecipò alle fortune ed alle sfortune ravennati, legato più degli altri e più a lungo alla vita dell’esarcato. Non può perciò sorprendere anche ora, come in passato, il diretto intervento degli organi centrali nella risoluzione di problemi locali, sopratutto se involgevano delicati interessi d’ordine generale (2). Il collocamento del confine di stato nell’agro opitergino non era affare di ordinaria amministrazione, ma atto politico, che toccava le prerogative di sovranità e investiva problemi intemazionali. Esso doveva essere attuato sotto la garanzia di chi aveva la responsabilità del buon governo dello Stato e del suo esecutore locale, l’esarca di Ravenna e il magister della provincia. Nella iscrizione torcellana sotto la protezione imperiale le due supreme gerarchie, che reggevano il territorio, si trovarono associate a un significativo rito della vita interna, civile e religiosa, del ducato. Perchè i due nomi non potevano leggersi, scolpiti, nei termini collocati lungo il confine, ed eternare a chiara memoria dei contemporanei e dei posteri l’adempimento degli atti più gelosi della vita pubblica (3) ? L’opera si svolse, uni- (1) Cfr. Rasi, « Exercitus Italicus» cit., p. 54 sg. (2) Besta, Un sigillo cit., p. 270 sgg. (3) Forse dalla imperfetta lettura di un cippo, guasto, che portava inciso il nome del patrizio, può esser nato l’enigma di Paulicius, che ha fatto tanto affaticare la mente dei critici alla ricerca di ima paternità. Perchè in un cippo non poteva leggersi Patti.. Patricius (Cfr. l’iscrizione torcellana, in Lazzarini, Una iscrizione cit., p. 120 sg.), ridotta dal tempo solo a Paul, m icius ? Naturalmente è ipotesi, che vale quanto gli altri strampalati tentativi di identificazione : ma forse da non trascurare del tutto.