264 RELAZIONE 01 ANTONIO TIEPOLO della Serenità Vòstra , non ne fece poi nulla; e se finalmente non è mai valso alcun mio officio, nè alcuno deU’illustrissimo sig. Giacomo, il quale so che ha fatto di cuore quel più che ha potuto, perchè si piegasse a restituire la posta nello stato che era prima. Nella quale opinione io credo che due cause principalmente lo abbiano tenuto fermo; I’una, l’onore e il comodo che gli pare che riceva la Camera quando ognuno abbia a passare per le inani del suo ministro delle poste, siccome convengono passare anco quelli di Genova , a’quali levò la posla , siccome scrissi, con 1’ occasione della morte di quel ministro, e forse pensaria di far il medesimo di quella dei re di Francia e di Spagna se avvenisse l’islesso accidente; I’ altra causa io credo che sia il pensiero eh’ esso ha grandissimo all’utile della Camera, per piccolo che si sia, conoscendo che quanto più concede al suo ministro tanto più può esso pagare alla Camera, alla quale di già risponde ogn’anno cinque mila ducati, e pagherà molto più quando a nuovo appalto s’aggiungeranno queste due poste di Venezia e di Genova , che non vi sono al presente. E di già si vede chiaro quanto vivamente attenda a quest’utile il Papa; e se lo sentono gli eredi di Malelica (1) per la loro terra del medesimo nome, dalle ragioni delia quale sono caduti per aver mancato qualche anno di rispondere il debito censo, che non era più di cinquanta ducali all' anno ; e se lo avrebbe sentito ancora il signor Marc’Antonio Colonna , che era tenuto mantenere al sig. Giorgio Cesarino la vendila di Civita Lavinia, se non avea scritture con le quali ha potuto mostrare non aver la Camera altra ragione. Ben se lo sente il marchese Bangone soldato della Serenità Vostra , benché aiutato da me per commissione di lei, che si trova ora senza il castello di Savignano toltogli per ragion della Camera (2). Lascierò di dire la perdita fatta dalla moglie del sig. Brunoro Zampesco della sua terra, e di molti (1) Gli Otloni, già da tempo Signori di quella terra. Veggansi le Metnorie di Malalica di Camillo Acquacotta, Ancona, 1838, Parte I, pag. 186. (2) Baldassarre Rangoni del ramo di Spitamberlo dovette restituire Savi-guano alla Camera Apostolica, poiché essendo stato dato da Clemente VII nel 1523 anche in compenso di rilevanti crediti, Gregorio XIII gli pagò dieci mila scudi e volle che il feudo fosse restituito. (Litta).