92 RELAZIONE DI GIROLAMO SORANZO Cardinale da spender al presente poco manco di 50,000 scudi l’anno. È arcivescovo di Milano, che li dà 7000 scudi d’entrata; l’abbazia di Arona, che è in casa sua, gliene dà 2000; nello Stato della Serenità Vostra ha le abbazie di Mozzo, della Follina e di Colle, dalle quali ne trae più di 3000 scudi; sul Modenese ha 1’ abbazia di Nonantola, che affilia altri 3000 scudi ; nel regno di Napoli un’ abbazia di 1000 scudi ; in Spagna 9000 scudi di pensione , avendone dato tre al Cardinal Altemps delli 12,000 che ebbe dal Re Cattolico; ha la legazione di Bologna che li rende 7000 scudi l’anno; quella di Ravenna 5000, e il governo di Spoleti 3000 ; ha poi la sopraintendenza e governo delle quattro galere che erano del conte Federico Borromeo, le quali gli sono pagate dal Re Cattolico a ragione di 7000 l’una, e si fa conto che ne venga ad avere d’utile 1000 scudi l’anno per cadauna. È poi restato erede del contado di Arona e di altri beni paterni per la morte del conte Federico suo fratello, che si dice importar 4000 scudi d’entrata. Le quali tutte cose ascendono alla somma di 48,000 scudi l’anno, che è somma veramente grande, ma grandissima in S. S. Illma., che nella spesa è molto assegnata e riservata, non tenendo in casa più di 150 persone, la maggior parte delle quali si trattengono da loro medesime, vivendo con la solita speranza di quella Corte ; e in altro non si sa che spenda somma rilevante. Si sa poi che è presentato secondo è solito farsi a’ nepoti de’ pontefici, onde cammina per via di esser uno de’ricchi cardinali del Collegio; ed essendogli morto il fratello, non ha altri eredi che il sig. Giovan Batista Borromeo suo germano, molto ricco di beni paterni, essendo per dir il vero quella casa Borromea molto nobile e molto ricca in Milano. Il sig. Augusto marchese di Marignano, fratello di Sua Beatitudine , è di anni 56, ed è stato sempre in disgrazia sua, e ora per dire il vero è anco in poca grazia. Stette questo povero Signore per comandamento di Sua Santità lontano da Roma li tre primi anni del suo pontificalo; poi presa occasione da una lettera che gli scrisse il sig. Gabrio Serbelloni quando fu così gravemente ammalato in Milano, per la quale gli fece