446 RELAZIONE DI PAOLO PARLTA Ioli, cominciai valermene nel carico di secretario; nel quale vedendo che s’ andava più avanzando con molta sua laude, e prestava a Vostra Serenità ottimo servizio , stimai bene che avesse a continuar (come ha fatto) per Io spazio in tutto il tempo di mesi ventotto. Nel quale essendo stato per lo più solo, e avendo a far 1’ uno e 1’ altro ufficio di secretario e di cogitore, in tanta moltiplicità di negozi quanta è occorsa di trattare, si ha mostrato sempre veramente indefesso, e si è acquistato presso tutti quelli con chi ha avuto a negoziare grandissimo concetto di modestia, di diligenza e d’intelligenza; in modo che viene per ogni rispetto ad aversi ben meritata la grazia di VV. SS. Eccellentissime E tutto che abbia sostentato con un solo ordinario stipendio il peso e il carico di due persone, non ha però ricevuto il dono solilo darsi a chi serve per secretario alle corti. E nondimeno l’occasione anzi necessità della spesa è stata molta , convenendosi comparire con abiti nobili in una Corte di Roma , ove si sta con molto splendore e ove tutte le cose sono costosissime. Nella qual parte, come anco nelle altre, non ha punto mancato; e dovendo tornar a nuovo servizio nell’ ambasceria di Savoia, se gli accrescerà anco nuova necessità di spese. Onde quanto più dal canto suo procura di sodisfare in ogni parte al suo debito e di ben servirla, tanto anco più merita di esser da VV. SS. Eccellentissime favorito ed aiutato; come spero e sommamente desidero che sia particolarmente fatto questa sera, abbracciando la parte che sarà portata di quel trattenimento del quale già Sua Serenità e l’Eccellentissimo Collegio l’hanno giudicato meritevole. Il che come sarà dimostrazione di qualche premio alle sue molte fatiche, così sarà eccitamento negli altri a ben meritare, e a me ancora di special favore; perchè non potendo io con altro riconoscerlo, mi sarà carissimo che conseguisca almen qualche frutto da questo mio ufficio. Sono stali tutto questo tempo meco in Roma un mio nepote, figliuolo del clarissimo sig. Tadio Morosini, e due miei figliuoli , Giovanni e Lorenzo, i quali ho voluto tenere in mia compagnia per nutrirli ed ammaestrarli , dappoi il timor di nostro Signore Dio, in una somma riverenza e divozione verso Vostra Serenità ; e perche stando e praticando lunga-