TORNATO DA ROMA NEI. 1565. 157 » diede segno di averlo per innocente (1). Ma noi, che lo ve-» devamo oppresso, ci parve di onorarlo del cardinalato, pa-» rendoci anco soggetto degno. Ora vogliamo fare di nuovo col » vostro mezzo officio con quei Signori, e vi astringiamo che » li preghiate in nome nostro a riconciliarsi con lui , e farci » questo piacere che molto desideriamo; e certo che non è bene » tenere un cardinale tanto degno in questa contumacia; e state » certo che potria esser Papa, e forse in luogo nostro, e i no-» stri lo aiuteranno, e potria dare grande onore alla vostra pa-» tria, onde non è bene tenerlo mal satisfatto. Vi replichiamo che » potria esser Papa perché i cardinali lo stimano assai, e la Si-» gnoria non deve persistere in questa durezza. Non si deve » dunque mai rimettere le ingiurie? È tempo ormai; e massi-» mamente con la nostra attestazione, che vi affirmiamo che » lo facessimo cardinale di nostra propria volontà, che lui non » ne sapeva cosa alcuna. Pregate quei Signori che non conti-» nuino più in questa durezza, che lo avremo gratissimo. Vo-» ressimo anco che si riconciliassero col Cardinal Delfino, che » certo fu una gran cosa bandire un Vescovo, e nostro Nun-» zio, senza farci intendere parola alcuna; che se ci aveste fatto » sapere una parola , I’ avressimo levato di dove era , e fatto » quella provvisione che si conveniva; che all’incontro ci avete » dato occasione di onorarlo, come abbiamo fatto, per non la-» sciar questo mal esempio (2). Saria bene che ancor lui fusse (1) Pio IV, geloso difensore della prerogativa pontificia di conferire i benefizi ecclesiastici senza intervento della potestà secolare, aveva eletto vescovo di Verona Marc’Antonio Da Mula ambasciatore a Roma. Il Senato, immutabile nella sua massima che proibiva ai ministri della Repubblica il ricevere grazia veruna dai principi presso i quali erano accreditali, richiamò l’ambasciatore, e non lo restituì alla sua legazione se non dopo essersi certificato eh’ ei non aveva accettala quella dignità, alla quale fu eletto un altro presentato dal governo. Il Da Mula accettò bensì indi a poco il cappello cardinalizio, onde cadde pienamente in disgrazia del suo governo, come abbiamo avvertito a pag. 66, e in quella mori, il di 13 marzo 1570, malgrado le sollecitudini di Pio IV e di Pio V a suo favore. (2) Di Zaccaria Delfino leggesi nelle genealogie inedite di Marco Barbaro: fu bandito da tutto lo Stalo perchè aveva le nuove di Costantinopoli dal nostro interprete, e le comunicava all’imperatore, onde fuggito a Ruma fu fatto Vescovo di Liesina e Nunzio del Papa a Massimiliano imperatore , e poi fatto Cardinale da Pio IV del 1565, 12 marzo. Durò la contumacia del Delfino sino