1)1 MARINO CAVALLI 1595. 223 » mani mio padre, ed io sono più allo di lui ad eseguirlo quando » V. A. si voglia valere di me. » Voleva Sua Altezza che costui facesse venire a Torino, o almeno portasse sottoscrizione di quelli de’quali si saria servito in quest’opera; ma nel procurar questo, costui fu fatto prigione, e condotto a Mantova confessò il tutto. Il sig. duca di Mantova fece di ciò grandissimo strepito ; ma S. A. si scusò con dire che questa pratica era stala principiata da suo padre, e che esso aveva continuato in essa non per fare alcun male, ma perchè quando le fosse data qualche molestia avesse avuto modo di risentirsi. Vi furono strepiti grandi allora, che questo può essere sei o sette anni fa, e mancò poco che quei principi non venissero all’armi; le quali per interposizione del re Cattolico non furono altrimenti mosse. Ultimamente quando mi trovavo io là, le forze spagnuole erano verso Alessandria, dov’erano trenta pezzi d’artiglieria all’ordine di tutto, ed erano quelli che furono mossi per condursi in Piemonte; ma essendo corsa voce che gli Spagnuoli e il sig. duca di Savoia volessero impadronirsi di Casale, oltre le provvisioni che il sig. duca di Mantova vi fece come se avesse avuto l’esercito inimico sotto le mura, si risolse di mandare un suo gentiluomo, da Nugarola, a Milano per significare al sig. Contestabile che gli stali suoi erano sempre stati sotto la protezione di Spagna, e che egli non era manco servitore del re di quello che fossero stati i suoi predecessori ; che perciò desiderava intendere se aveva da guardare i suoi luoghi, o se poteva esser certo di non essere molestato. Il Contestabile gli rispose che poteva stare sicurissimo, e che se il sig. duca di Savoia si fosse mosso, egli saria stato il primo a mettersi a cavallo per andargli contro, e gli diede ogni satisfazione; di che il gentiluomo lo ringraziò. Ma per far meglio il servizio del suo principe, e per meglio assicurarsi, volle fare 1’ ¡stesso oilizio con lutti quelli del Consiglio; il che fu con mala salisfazione del Contestabile, perchè mostrò di non fidarsi di Sua Eccellenza ; la quale però quando il gentiluomo andò a licenziarsi gli affermò il medesimo di prima. « Dunque (disse il Nugarola) il sig. Duca « mio potrà star con I’ animo quieto ». Allora il Contestabile si alterò e disse: «Io ripiglio la mia parola; non potrò mancare