DEL SEGRETARIO CAROLDO. 1520. 309 castello di Milano, preso da lui per accordo col castellano Bernardino da Corte suo compare, e vecchiamente di una stessa famiglia, portando una istessa arma, salvo che quelli da Corte hanno l’aquila di sopra, ma non tengono parte ghibellina (1). Espulsi i francesi d'Italia, ei se ne andò con loro e menò la moglie e i figliuoli seco (2). Morto re Luigi (3) e creato re Francesco, quale fece la impresa col sig. Giangia-como, questi gli mostrò un nuovo ed inusitato cammino di passare i monti, che fu causa di far subitamente prigione il signor Prospero Colonna. Da Sua Maestà non era amato come dal re Luigi, e la causa vien delta perchè, vivente re Luigi, gli mandò quante medicine potè avere atte ad ingravidare, e con questo debile principio d'odio, essendogli ogni dì seminato qualche male di lui, venne in gran sospetto. Venuto poi mons. di Lautrec al governo di Milano, siccome mons. di Borbone onorava il sig. Giangiacomo come padre, così mons. di Lautrec faceva il contrario, disonorandolo e cercando per ogni via d’abbassarlo. Egli, ch’era animosissimo e collerico, sopportava difficilmente i mali trattamenti de’francesi, e do-levasi: primo, che la causa di Castelnuovo col gran scudiere era stata tirata in Francia, dovendo essere espedita a Milano; che suo Dipole ex filia (4), conte Galeotto della Mirandola, non fosse così favorito da questo re come dall’altro, e che quando ei metteva in ordine qualche numero di gente per ricuperar il suo, usurpato dal conte Gianfrancesco della Mirandola, gli era posto impedimento per francesi ad istanza de’Sanseverini (5); e da ultimo si doleva che mons. di Lautrec pretendesse avere in dono Vigevano dopo la morte sua. Veti) Ciò s'intende da quanto è dello verso il fino della Relazione. (2) Intendasi, all’infuori di Giannicolò, i figliuoli naturali, che furono diversi. (3) Il di 1 gennaio 1515. (4) Francesca, naturale. (5) Questa contenzione per il possesso della Mirandola, sulla quale a dir vero il conte Galeotto aveva non ingiuste pretensioni, fini con una prova tremenda della costui scelleratezza. Avvegnaché nella notte del 15 ottobre 1533 penetrato di sorpresa nel castello con una mano di scherani, trucidasse il vecchio zio dinanzi a un’immagine di Cristo Crocifìsso, e Alberto di lui figliuolo ed altri della casa, prendendo per tal modo possesso di una terra tenuta allora per quasi inespugnabile.