DI ANTONIO SIRIANO. 1529. 431 porti ili mare : Pori’ Ercole, che già venderono ad Agostino Chigi, ma ora riavuto dal Doria lo possedono ; porto S. Stefano e porto Talamone ; hanno sei terre grosse, e circa 300 castella. È la maggior ricchezza dei cittadini particolari in entrata ili grani e bestiami , e la più grossa facoltà era di Agostino Chigi, la qual passava 300,000 ducati ; ma è andata in ruina specialmente dacché papa Adriano n’ebbe ducali 20,000, e papa Clemente 100,000. E quando Andrea Doria prese Pori’ Ercole, dove detto Chigi tenea in salvo il maggior valore de’suoi beni, dicesi che facesse allora preda per ducati 150,000; i senesi tra argenti e danari n’ ebbero da 25 in 30,000; olirà che al sacco di Roma aveva perduto molto ; pur restano ancora al figliuolo di quella veneziana da ducati 50,000 (1). Io non darò con più parole tedio a Vostra Celsitudine, la qual conosco essere occupatissima; quando le piacerà sarò pronto in soddisfarla, ciò non potendosi al presente per l’ora larda: il perchè faccio fine, non pretermettendo però il secretano mio Gioanantonio Novello, il quale certo io ho trovato in tutte le sue azioni degno della grazia di Vostra Celsitudine, alla quale lui e me insieme molto raccomando. (1) Il Soriano cade qui in qualche imprecisione. Agostino Chigi, lamoso per le sue ricchezze, e reputato allora (dice il Tizio neU’VIlI delle sue storie) pel più dovizioso mercatante d’Europa, arricchito specialmente col provento dell’allume delle Tolfc, del quale si diceva ritrarrle egli ogni anno per 70,000 ducati d’oro, comprò nel 1507 dal governo di Siena le entrate di Porlercole per quarant’anni, che furono poi estesi a cinquanta, e mori in Koma il 10 aprile del 1520. Per cui le perdite patite nella presa di Porlercole, fatta da Andrea Doria insieme coi fuorusciti sanesi nel 1520, aggravarono il fratello ed i nipoti di Agostino istituiti già suoi eredi. Le somme sopraindicate prese dai pontefici Adriano e Clemente voglion essere intese a prestito non più restituito. Circa poi alla veneziana della quale qui è fatto parola, fu questa, per nome Francesca, lungo tempo concubina del Chigi, finché la sposò in Roma, dotandola di diecimila fiorini d’oro, senza peraltro trasmettere nei figliuoli di lei, che furon quattro, due maschi e due femmine, la sua eredità, contento di averli largamente provveduti. Circa il matrimonio, dice il Tizio nel luogo sopracilato : Subinde prandio celebrato Pontifici et Cardinalibus qnibusdam, eam desponsaverat, Leone ponlifice digitum mulierts tenente, et verba, ritu tabellionum, faciente. iSlKgXEs«——