DI ALVISE LANDÒ. 1580. 451 investì, in grazia sua, chiamata un'altra Sicilia, tanto più ch’egli se n’era violentemente insignorito mentre Guglielmo, che la possedeva sotto titolo di duca di Puglia e di Calabria, se n’ andava a Costantinopoli per pigliarsi iu moglie una figliuola d’Alessio imperatore; e così il regno si chiamasse poi delle Due Sicilie. Il che per avventura si può confermare, oltre questa apparenza, considerando che chi primo ne investì Ruggero fu Anacleto antipapa, favorito da esso Ruggero, il quale però per conservarsi costui amico non è gran cosa che facilmente gli concedesse tutto quello che dimandava, e con quelle condizioni che più gli fossero piaciute. Ma comunque si sia, il titolo essenziale è Regno delle Due Sicilie, con tutto che communemente oggi si dica di Napoli, derivando così fatta denominazione dalla residenza dei re in questa città, fatta metropoli e capo del regno allora massime che il re Pietro d’Aragona s’insignorì della Sicilia, della quale i re di Napoli poi non furono mai intieramente possessori, se non dopo eh’esso regno di Napoli cadde in Fernando il Cattolico, dal quale viene, come si sa, il re Filippo presente. Fu il primo re, come ho detto, crealo e investito da Anacleto antipapa, e fu Ruggiero Normanno conte di Sicilia figliuolo di quel Ruggiero che liberò essa isola da’ Saraceni, e che fu fratello di Roberto Guiscardo, che nel 1059 fu creato da Niccolò li duca di Puglia e di Calabria, e fatto gonfaloniere della Chiesa , sottoponendo sè e tutto lo stato suo per pubblico giuramento ad essa Chiesa; di maniera che si vede che la prima assunzione di questo stalo in regno fu falla da persona illegittima come antipapa, e investitone persona nemica della Sede Apostolica, come quella che intitolandosi re d’Italia s’aveva appropriato il ducato di Puglia e di Calabria feudo della Chiesa, e raccomandato a Callisto II da Guglielmo suddetto, e che per sostentamento di questa sua ambiziosa violenza fomentava lo scisma e la discordia nella Chiesa di Dio. E sebbene questa investitura fu confermata poi dai legittimi pontefici susseguenti per quiete delle cose d’Italia, non resta però che il regno per sè stesso non avesse questo infausto principio; dal che si può anco credere che per divina