DI GIOVANNI SOUANZO. 1365. 103 nostri, c mostrare come prudentemente si governa in tutte le azioni sue, e particolarmente in materia di denari, non volendo che alcun gentiluomo nè cittadino dia i suoi denari ad alcun principe ; il che è ottimamente fatto , perciocché i denari che i nostri genovesi hanno in poter di questo serenissimo re ne faranno sempre stare nella sua obbedienza. » Nè voglio restare di dire alla S. Y. e alle SS. VV. EE. che questo gentiluomo , sempre che gli occorre parlar di questa serenissima Repubblica, parla così onoratamente quanto forse possa farlo alcun altro suo devotissimo e affettuosissimo cittadino ; e spesse volte ragiona il caso che seguì alla Prevesa (1), perciocché fu presente con le sue galere, e costantemente afferma che nè per causa della Serenità Vostra nè de’ suoi ministri intervenne quel disordine, e lo dice pubblicamente senza rispetto alcuno (2). Ma per tornare ai genovesi, dirò che la maestà del re, per le cause sopra dette, talmente sta sicura e così gli pare poter disponere di loro, che è certa che si contenteranno del voler suo ; al che si aggiunge, che essendo il re cristianissimo si può dir del tutto uscito d’Italia (3), non dubita Sua Maestà che il favore di altro principe possa indurli a far mutazione alcuna ; e molti giudicano che non facilmente Sua Maestà sia per cavare del lutto gli spagnuoli di Corsica (4). Prima che io entri a parlare di quello che ho potuto conoscere circa la volontà ed amicizia che questo serenissimo re tiene con la Serenità Vostra, mi voglio espedire dei prin- (1) Cioè l’indecoroso ritorno della Ilo Ila alleala, che ivi, nel sellembre del 1538, era in grado di attaccare vantaggiosamente , e forse di distruggere la flotta ottomana. (2) E questa una preziosa testimonianza ad avvalorare 1* induzione che Carlo V non volesse efficacemente aiutare in quell* impresa i Veneziani ; i quali invano stimolarono Andrea Doria, capitan generale per !’imperatore, a cogliere l’occasione di un sicuro trionfo. (3) Per la restituzione fatta finalmente al Piemonte, nel decembre del 62, delle piazze di Torino, Chivasso, Cliieri e Villanova, già pattuita nella pace di Castel Cambrese; talché non rimasero in mano de’Francesi che Pinerolo c Savigliano, restituite nel 1574, nella qual epoca anche gli Spagnuoli resero Asti e Santià, che avevano ritenute al duca sotto pretesto di garantire sè stessi e lui contro i Francesi. (4) Gli Spagnuoli avevan posto piede nell’isola sotto titolo di aiutare i Genovesi contro la nuova insurrezione tentata nel 1564 da Sampiero;il quale poi venuto a morte nel 1567, l’isola tornò sotto la soggezione dei Genovesi. >